Per ragionare sul futuro e sulle caratteristiche che potrebbe presentare il settennato presidenziale di Sergio Mattarella occorre partire da alcune osservazioni sul quadro politico che ha portato alla sua elezione e sull’attenzione che il Capo dello stato, nel momento dell’insediamento, ha dedicato alle forze politiche che, almeno ufficialmente, non hanno contribuito alla sua investitura. Anche in questo caso, l’elezione del Capo dello Stato, pur arrivando relativamente in fretta, cioè al primo scrutinio a maggioranza assoluta, ha costituito “il momento della massima dislocazione e dissociazione delle forze politiche”, secondo la nota definizione di L. Elia. Ciò perché il Presidente del Consiglio Renzi ha posto in essere, al fine di arrivare ad una pronta chiusura delle votazioni, qualcosa di simile alle consultazioni che per consuetudine costituzionale il Capo dello Stato svolge in vista della nomina del Governo, incontrandosi con le delegazioni di tutti i partiti presenti in Parlamento e disposti a partecipare a tale attività. Il raggiungimento, al quarto scrutinio, di un numero di voti più vicino ai due terzi che alla maggioranza assoluta ha senz’altro conferito un’ampia legittimazione al nuovo Capo dello Stato. Occorre precisare che in realtà la compagine politica che votò a favore dell’immediato predecessore del Presidente Mattarella, ovvero la maggioranza che conferì al Presidente Napolitano il suo secondo mandato, fu sensibilmente superiore e che anche i Presidenti Ciampi, Scalfaro, Cossiga e Pertini ebbero più voti... (segue)
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