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di Alessandro Sterpa
Redde rationem per le Regioni
Con riferimento al sistema delle autonomie, la proposta di riforma costituzionale contiene alcune novità che meritano di essere esaminate anche alla luce del complessivo sviluppo dell’impianto costituzionale come modificato dalle leggi costituzionali n. 1 del 1999 e n. 3 del 2001; si tratta, lo possiamo dire fin da subito, di novelle normative che indeboliscono – almeno formalmente – l’autonomia regionale e sembrano completare quel percorso di ampliamento del ruolo normativo e istituzionale degli organi dello Stato a scapito delle Regioni. Emergono plurimi profili di analisi, tuttavia ci soffermeremo su due in particolare ovverosia a) il riconoscimento di una nuova clausola di intervento legislativo unitario a favore dello Stato e b) la riforma della Commissione parlamentare per le questioni regionali ex art. 126 della Costituzione. Diciamo sin da subito, semplificando, che con la prima modifica si tenta di ampliare i titoli di intervento del legislatore statale quasi recuperando lo schema dell’originario - generalizzato e indefinito - limite dell’“interesse nazionale” che si imponeva al legislatore regionale; con la seconda proposta di modifica si istituisce un “surrogato” di “Parlamento delle autonomie” di dubbia funzionalità. Nelle pieghe dell’art. 72 Cost. (come proposto dalla riforma) si legge che “La funzione legislativa è altresì esercitata in forma collettiva dalle due Camere quando, al fine di garantire l’unità giuridica o economica della Repubblica, il Governo presenta al Parlamento un disegno di legge che, nel rispetto dei principi di leale collaborazione e di sussidiarietà, interviene nelle materie attribuite alla potestà legislativa regionale”. Si tratta, come è facile comprendere, di una “trasposizione legislativa” di una parte delle norme già vigenti in Costituzione per quanto concerne il potere sostitutivo statale nei confronti delle Regioni; come noto, infatti, l’art. 120, comma secondo, prevede che “Il Governo può sostituirsi a organi delle Regioni, delle Città metropolitane, delle Province e dei Comuni nel caso di mancato rispetto di norme e trattati internazionali o della normativa comunitaria oppure di pericolo grave per l'incolumità e la sicurezza pubblica, ovvero quando lo richiedono la tutela dell'unità giuridica o dell'unità economica e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, prescindendo dai confini territoriali dei governi locali”... (segue)
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