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di Maria Alessandra Sandulli
Dopo la “translatio iudicii”, le Sezioni Unite riscrivono l’art. 37 c.p.c. e muovono un altro passo verso l’unità della tutela (a primissima lettura in margine a Cass. SS.UU., 24883 del 2008)
Il 9 ottobre 2008 sarà ricordato come un’altra data epocale nella storia del diritto processuale italiano. Portando avanti una linea di pensiero espressa nelle pronunce (le tre decisioni gemelle del 13 e 15 giugno 2006) che hanno affermato l’autonomia dell’azione risarcitoria dalla pregiudiziale di annullamento e ulteriormente sviluppata nella ben nota sentenza del 22 febbraio 2007 sull’ammissibilità della translatio iudicii (che, nell’inerzia del legislatore, opportunamente ipotizzata dalla Consulta nella di poco successiva sentenza n. 77 dello stesso anno, costituisce a tutt’oggi l’unica fonte di disciplina dello strumento), le Sezioni Unite della Corte di Cassazione propongono una interpretazione “restrittiva e residuale” dell’art. 37 c.p.c., compiendo un nuovo passo verso una sostanziale unità delle giurisdizioni.
L’occasione è stata offerta da un ricorso per difetto di giurisdizione del giudice tributario proposto dalle Amministrazioni soccombenti nel relativo giudizio (tanto in primo che in secondo grado), le quali non avevano in precedenza sollevato alcuna eccezione sotto tale profilo, che non aveva pertanto formato oggetto di esplicita pronuncia.
La sentenza in commento, ampiamente argomentata, affronta quindi (risolvendolo in senso affermativo) il tema della possibilità di formazione di un giudicato implicito sulla giurisdizione, tale per cui, indipendentemente dalla pronuncia espressa sulla giurisdizione da parte del giudice di primo grado, l’omessa contestazione di quest’ultima in sede di appello ne implica il definitivo radicamento innanzi al plesso giurisdizionale originariamente adito.
(segue)
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