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NUMERO 9 - 06/05/2009

 Identificazione degli immigrati e nuove tecnologie

Anche relativamente al tema dell’identificazione degli immigrati, il secondo Governo Prodi non era certamente destinato a nascere sotto i migliori auspici: basti pensare che già il 4 aprile 2006, la Commissione UE aveva inviato all’Italia una lettera di messa in mora (“primo passo” com’è noto, della procedura d’infrazione), per mancato rispetto del Reg. (CE) n. 1030/2002, rilevando come il nostro ordinamento non fosse ancora sufficientemente attrezzato per il rilascio di permessi di soggiorno conformi al modello uniforme europeo, con conseguente violazione dell’art. 9 del Reg. cit. ai sensi del quale “gli Stati membri rilasciano [i permessi] al più tardi entro un anno a decorrere dall’adozione degli elementi e dei requisiti di sicurezza complementari” (definiti dalla Commissione con decisione C/2002/3069 del 14 agosto 2002).
Come già rilevato in altra occasione, tale regolamento ha dato attuazione ad un’“Azione comune”, posta in essere sulla base dell’art. 73 K (divenuto art. 63) del TCE. Disposto che, peraltro, può essere considerato uno dei segnali più evidenti dell’importanza che il tema dell’immigrazione è arrivato progressivamente ad acquisire in seno all’Unione europea, a partire dal Trattato di Maastricht e poi soprattutto con Amsterdam e, nel 1999, in seguito al Consiglio europeo di Tampere, in occasione del quale l’Unione s’è impegnata ad elaborare una politica comune in materia di immigrazione (mentre siamo ancora in attesa di vedere i futuri sviluppi del Trattato di Lisbona che, tra l’altro, non manca di presentare novità di rilievo in materia).
Ebbene, a partire dal Consiglio europeo di Bruxelles del  novembre 2004 in cui è stata sollecitata una più efficace azione in materia di allontanamento e rimpatrio, basata su norme comuni e poi soprattutto durante il secondo semestre del 2008, quando la Presidenza francese ha posto l’immigrazione come tema prioritario del proprio programma proponendo, tra l’altro, l’adozione di un severo «Patto sull’immigrazione e l’asilo», comune a tutti gli Stati membri, la politica europea di immigrazione pare essersi caratterizzata per un maggior rigore rispetto al passato, raggiungendo il culmine a seguito dell’adozione della direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 dicembre 2008 recante “Norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare”.
 
(segue)



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