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di Valerio Paggi
Riflessioni sul voto europeo
Smaltiti i dibattiti sull’esito del voto per il rinnovo del Parlamento di Strasburgo, resta l’impressione che, almeno in chiave europea, il dato più significativo emerso dalla consultazione elettorale sia proprio quello sull’affluenza alle urne. Anche perché, singolarmente presi, i risultati nazionali si presentano forse meno interessanti. Pressoché ovunque hanno infatti prevalso preoccupazioni di politica interna, che il voto ha puntualmente riflesso confermando nella sostanza linee di tendenza già da tempo in atto. Né poteva essere altrimenti, al termine di campagne elettorali tutte dominate da temi di "cucina domestica". Non è un caso che, completato il conteggio delle schede, le preferenze espresse dagli elettori siano state tutte interpretare in un’ottica di politica interna. L’Italia non ha certo costituito un’eccezione.
Dunque la partecipazione al voto, fermatasi a livello UE ad un 43,4%, in calo di due punti percentuali rispetto alla precedente consultazione del 2004. Il livello più basso dal 1979, da quando cioè i parlamentari europei vengono eletti dai cittadini dell’Unione Europea e non più nominati dai singoli Parlamenti nazionali. Un dato, quel 43,4%, che conferma il sostanziale disinteresse dell’elettore nei confronti dei temi europei e la sua “lontananza” dalle istituzioni comunitarie. Anche quando, come nel caso del Parlamento di Strasburgo, i cittadini stessi sono in grado di determinarne la composizione con il proprio voto. Un difetto di comunicazione da parte della stessa Unione Europea, incapace di “vendere” al proprio utente finale un prodotto spesso di qualità, ma soprattutto di creare negli europei la chiara percezione di quanto profondamente incidente sia sulla loro vita quotidiana l’operato delle istituzioni comunitarie. Qualche responsabilità la hanno però anche i mass media e la stessa politica.
(segue)