Lo schema di decreto legislativo approvato in prima lettura dal Consiglio dei ministri l’11 ottobre 2010 (in seguito citato, per brevità, come “decreto”) disegna un sistema di entrate regionali complessivamente soddisfacente, ma presenta una serie di problemi riguardo a specifici aspetti dei singoli tributi e alla generale limitazione della pressione tributaria. A differenza di quanto previsto per le province in questo stesso decreto e per i comuni nello schema di decreto legislativo approvato dal Governo in prima lettura il 4 agosto 2010, alle regioni viene assegnato un mix di entrate tributarie sufficientemente differenziate e che prevedono un buon grado di manovrabilità. Spettano alle regioni l’Irap fino alla sua eventuale soppressione, l’addizionale regionale all’Irpef, ampiamente modulabile, la compartecipazione all’Iva e una serie di tributi minori che le regioni potranno introdurre in sostituzione delle fonti di entrata soppresse dall’art. 7 del decreto, nonché l’imposta sul possesso degli autoveicoli e motoveicoli e gli altri tributi minori non esplicitamente soppressi dal decreto. Nel complesso dovrebbe aversi una sufficiente stabilità delle entrate e una leggera dinamica crescente trainata dall’addizionale Irpef e, in misura minore, dalla compartecipazione Iva. Inoltre, se si esclude la compartecipazione Iva che non ammette alcuna possibilità di manovra da parte delle amministrazioni regionali, tutti gli altri tributi presentano una apprezzabile flessibilità che dovrebbe mettere le regioni in grado di fronteggiare le specifiche esigenze del territorio. Dunque dove stanno i problemi?...(seue)
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