L’esperienza di questi ultimi anni ha dimostrato quanto sia complesso costruire una nuova governance per la Capitale; compito, questo, che l’art. 114, comma terzo della Costituzione, dopo aver proclamato Roma Capitale (senza specificare di quale enti si tratti: Comune, Provincia, Città metropolitana o altro?), assegna alla legge statale chiamata a definire la disciplina del suo ordinamento. Detta difficoltà si è riscontrata fin dalla legge n. 42/09 ed è rimasta evidente per i d. lgs. nn. 156 del 2010, 61 del 2012 e 51 del 2013 affiorando anche nella fase di adozione e di attuazione della legge n. 56 del 2014 oltre che nella dinamica statutaria comunale e metropolitana (il primo modificato di recente e il secondo costruito ex novo) nonché in quella legislativa regionale che comunque di recente è stata molto attenta e propositiva sul tema. In questi sei anni il legislatore statale non si è mosso sempre in modo coerente. Dopo cinque anni passati a cercare di definire un regime ad hoc per Roma, più di recente la legge Delrio si è limitata a riconoscere alla Città metropolitana di Roma Capitale il medesimo regime giuridico delle altre 9 Città e ha lasciato il titolo di Capitale al solo Comune al quale, per l’appunto, continuano ad essere riferite le norme precedenti in materia (così i commi 101, 102 e 103 dell’unico articolo della legge n. 56). Il nomen iuris della Città metropolitana (di Roma Capitale appunto) non tragga in inganno: resta solo il Comune l’ente Capitale e permane la dicotomia istituzionale: la specialità di Capitale spetta al Comune, la caratteristica di ente di area vasta alla Città metropolitana (ex Provincia). Il bilancio di questo processo di riforma è oggi molto deludente rispetto alle aspettative e alle esigenze. Questo esito ha molteplici ragioni che vanno dall’impostazione nazionale della nuova “questione romana” come bilanciamento del rischio di frammentazione derivante dal federalismo fiscale nel 2009 fino al tema del disavanzo storico del Comune che ha reso il profilo finanziario quasi del tutto totalizzante i rapporti con il Governo e il Parlamento (cfr. la recente vicenda dei c.d. “decreti salva Roma”). Tant’è che il tema di Roma Capitale ha trovato asilo nella legge n. 56 del 2014 nell’ambito di una sostanziale omologazione della Città metropolitana romana alle altre 9 città quasi appalesando l’idea che le pretese di specialità fossero state esaurite con le norme su organizzazione e competenze e (soprattutto) con il riconoscimento di risorse finanziarie statali dedicate. Roma, dunque, si è trovata stretta tra una pretesa (locale) di differenziazione che però non ha ottenuto alcuna seria novità con riguardo alle competenze e all’organizzazione istituzionale e una pretesa (governativa) all’omogeneità che ha tuttavia lasciato in vigore le norme precedenti in una stratificazione non sempre coerente... (segue)
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