La «questione romana», che ora assurge alle cronache giudiziarie con la conseguente, e consueta, distorsione dei termini del dibattito sull’ordinamento locale italiano - è stata fatta oggetto di impegnativi riferimenti normativi, intesi ad attribuire una posizione giuridica peculiare alla città di Roma: nel terzo comma dell’art. 114 Cost., come sostituito dall’art. 1 della legge 18 ottobre 2001, n. 3, con la qualificazione di «capitale della Repubblica»; nell’art. 24 della legge 5 maggio 2009, n. 42, con la prefigurazione di una normazione transitoria affidata alla legislazione delegata, destinata a valere «fino all’attuazione delle città metropolitane». Ma, in sede di esercizio della potestà legislativa delegata, l’assetto ordinamentale cui si è dato luogo non è parso distante da quello delle altre grandi città italiane, e la dislocazione delle competenze è avvenuta in misura molto inferiore alle aspettative che pure la legge di delega aveva suscitato. Ne è risultata una «specialità debole», conformata senza sciogliere i nodi dell’autonomia finanziaria, della dimensione territoriale, del rapporto tra questa e l’assetto delle funzioni (la vicenda è puntualmente ricostruita da A. Sterpa, L’ordinamento di Roma capitale, Napoli 2014). Né un mutamento di segno è riconoscibile nella legge 7 aprile 2014, n. 56, che non attribuisce a Roma Capitale alcuna specifica identità, definendo invece un assetto istituzionale in cui la Città metropolitana è regolata, ancora una volta, secondo una linea di omogeneità con tutti gli altri soggetti dello stesso tipo. È lecito chiedersi – in ragione dei perduranti problemi di razionalità dimensionale e del sostanziale inadempimento all’obbligo costituzionale di dare luogo a un ordinamento peculiare di Roma Capitale – se sia opportuno riportare la questione al centro dell’interesse a partire dalle sedi della riflessione scientifica. La vicenda attuativa della legge n. 56 del 2014 suggerisce di rispondere che è, non solo opportuno, ma persino doveroso, poiché larga parte delle gravi difficoltà incontrate in tale vicenda derivano anche dalla scarsa penetrazione nelle sedi della decisione politica di un’elaborazione culturale in tema di autonomie di pur lunga sedimentazione, della quale il legislatore è parso del tutto dimentico... (segue)
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