Negli ultimi decenni, il Brasile ha vissuto momenti importanti dal punto di vista istituzionale. Nel 1964, abbiamo sofferto un colpo di stato militare, che ci ha imposto una dittatura per oltre 20 anni. Nel 1985, con l’indebolimento del regime autoritario, la popolazione è scesa in piazza per chiedere l’elezione diretta del Presidente. Ma la proposta di modifica costituzionale finalizzata a raggiungere tale risultato fu respinta dal Congresso Nazionale. Ottenuta l’elezione indiretta attraverso il Parlamento stesso, vi erano in corsa due candidati: Tancredo Neves, dell’opposizione al regime vigente, ma che realizzò un’ampia alleanza per lanciare la sua candidatura, e Paulo Maluf, caratterizzato da una storia di cattiva gestione del denaro pubblico e stretti rapporti con i militari. Trancedo Neves vinse le elezioni indirette, ma morì prima di assumere l’incarico. Il vice presidente eletto nella coalizione di Tancredo, José Sarney, aveva stretti legami anche con il regime militare e divenne presidente. La transizione verso la democrazia portò alla convocazione di un’assemblea costituente, che ha prodotto la Costituzione del 1988. Le seguenti elezioni sono state vinte da Fernando Collor de Mello, candidato privo di una base partitica solida, ma con una storia di lotta alla corruzione. Due anni più tardi, il presidente fu messo sotto impeachment, accusato di improbità. In seguito si è avuto il periodo di boom economico con Fernando Henrique Cardoso e Luiz Inácio Lula da Silva. Durante il mandato di Fernando Henrique si è avuta la stabilizzazione dell’economia, mettendo sotto controllo l’inflazione nel 1993 aveva raggiunto quasi il 2.500% annuo. L’era Lula è stata riconosciuta come un periodo di riduzione delle disuguaglianze sociali e per essere riuscita a superare un momento molto delicato: lo scandalo di corruzione conosciuto come “Mensalão”. E, attualmente, viviamo nuovamente tempi turbolenti sotto il mandato di Dilma Rousseff... (segue)
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