
La vicenda della riforma costituzionale – di vicenda conviene parlare, poiché gli elementi che compongono lo scenario che si va definendo, nella complessità delle loro relazioni, travalicano largamente il mero dipanarsi del procedimento ex art. 138 Cost. – giunge ora al nodo del giudizio di legittimità sulla legge elettorale per la Camera, 6 maggio 2015, n. 52 («Italicum», per il non recente malvezzo del latinorum). Che tra nuova legge elettorale e revisione ampia della Costituzione vi fosse una relazione assai stretta poteva essere negato solo da chi mostrava di voler credere in una sorta di «incomunicabilità delle forme» e dunque dei processi di innovazione normativa: procedimento legislativo ordinario, per la legge elettorale, e procedimento di revisione costituzionale sarebbero non solo distinti e diversi per gravosità, dando luogo a norme di diversa «durezza», ma consisterebbero in autonome vicende istituzionali non interferenti. Un eccesso di schematismo che poi è assurto al rango di argomento polemico verso il contrapposto schema del «combinato disposto», a fini autoritari, di revisione costituzionale e legge elettorale. Ma la relazione c’è, e si dispone sia sul piano del metodo delle riforme sia sul piano dei contenuti del disegno di revisione e della legge elettorale. Quanto al metodo, il legislatore costituzionale applica una tecnica normativa già sperimentata per certa legislazione ordinaria prodotta in vista della revisione della Costituzione (è il caso della cosiddetta «soppressione» delle Province): anticipare gli effetti che sarebbero propri dell’intervento organico di riforma, rovesciando l’ordine delle fonti, per poi «sanare», o sottrarre dallo stato di sospensione in cui si trova, la disciplina così introdotta, con un successivo intervento «a regime». Quanto al contenuto, gli effetti attesi riguardano la forma di governo: introdurre elementi di «razionalizzazione» della relazione fiduciaria, in luogo o a integrazione di quelli «deboli» che furono voluti dai costituenti, in modo da ottenere maggiore concentrazione del potere e dunque, secondo le intenzioni dichiarate, maggiore efficienza. Ma lo scopo non viene perseguito con la revisione delle disposizioni costituzionali dedicate alla forma di governo (salvo ove si propone la soppressione, per stretta consequenzialità alla differenziazione del bicameralismo, dei riferimenti al Senato contenuti negli artt. 94 e 96 Cost.). Si pensa invece di realizzare il mutamento attraverso la legislazione elettorale: quella già introdotta per la Camera dei deputati, con la quale soltanto è previsto il Governo debba mantenere la relazione fiduciaria; quella da introdurre per il nuovo Senato... (segue)
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