Il presente contributo si appunta sulle modifiche, invero piuttosto significative, apportate dalla legge 28 dicembre 2015, n. 128 (in vigore dal 1° gennaio 2016) al c.p.a., al processo e, in particolare, sulle novità in materia di penalità di mora o astreinte nel giudizio di ottemperanza [art. 114, lett e), c.p.a.], introdotta per la prima volta in quella che è stata considerata la sua sede naturale, il giudizio di ottemperanza appunto, le cui peculiarità sono state poste in risalto anche di recente dalla giurisprudenza. Ai sensi della predetta disposizione, il giudice dell’ottemperanza può condannare la parte inadempiente al pagamento di una somma di denaro per il ritardo nell’esecuzione del giudicato. Invero, già all’indomani della sua introduzione la misura diede luogo ad alcuni problemi interpretativi ed applicativi concernenti diversi profili: a cominciare dalla individuazione dell’ambito di applicazione della misura - in relazione alla riconosciuta natura sanzionatoria e non risarcitoria della stessa e del corrispondente ruolo che essa assume nel quadro del giudizio di ottemperanza – per l’esecuzione delle sentenze di condanna al pagamento di una somma di danaro, al giudizio di cognizione ed ai riti speciali, involgendo sia i presupposti (di applicazione del rimedio) che i poteri di cognizione del giudice. Senza ricorrere ad inutili forzature, a tali interrogativi si sarebbe fin da principio potuto dare una risposta affermativa vuoi sulla scorta dei principi generali di pienezza, effettività e concentrazione della tutela che oggi si desumono dal comb. disp. degli artt. 1 e 7 c.p.a., ritenendo applicabile la misura a tutti i giudizi che, al pari del giudizio di ottemperanza, contemplano l’esecuzione di una pronuncia giurisdizionale, vuoi in base alla considerazione che il rimedio si atteggia diversamente nel processo civile ed in quello amministrativo e in particolar modo nel giudizio di ottemperanza che contempla poteri sostitutivi al fine di sopperire all’inerzia della pubblica amministrazione inadempiente presentando evidenti profili di specialità di recente evidenziati dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato. Da questo punto di vista, l’istituto mutua la stessa caratteristica del sistema da cui promana differenziandosi in maniera netta da quelli vigenti in altri Paesi europei che - in ossequio ad un rigido principio di separazione dei poteri - non contemplano poteri sostitutivi del giudice nel giudizio di esecuzione in caso di inottemperanza al giudicato, ma solo misure indirette di coazione, di carattere essenzialmente preventivo... (segue)
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