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NUMERO 22 - 22/11/2017

 Il 'lato oscuro' della Rete

Nell’«orizzonte giuridico di internet», le riflessioni che si sono sviluppate in questi anni, parallelamente all’evoluzione tecnologica ed all’estensione delle potenzialità della Rete, hanno messo in evidenza alcuni caratteri fondamentali, che connotano il fenomeno sub specie juris. Tra questi figurano due dati, che hanno un impatto profondo sull’intero diritto della rete. Il riferimento va, per un verso, alla constatazione che internet è una dimensione ormai insostituibile di sviluppo della personalità dell’individuo e, per l’altro, alle difficoltà di normare internet. Questi due dati sono sovente presi in considerazione isolatamente. Il loro legame, del resto, non è di immediata evidenza, né sul piano pratico né su quello teorico. A ben vedere, però, le implicazioni reciproche sono di estrema importanza, ed anzi appaiono fondative per buona parte delle riflessioni che i giuristi sono venuti elaborando in merito alla Rete. Se ne ha una dimostrazione già solo guardando alla prima grande sentenza che in materia è stata resa, vale a dire quella della Corte suprema federale statunitense sul caso Reno v. Aclu del 1997, in cui i limiti alla libertà di espressione legislativamente imposti sono stati vagliati alla luce dell’innovatività – e delle potenzialità – di un mezzo di comunicazione affatto «nuovo» quale era, sul finire degli anni novanta, la rete. Dalla sentenza Reno, molte altre pronunce si sono succedute, alle più diverse latitudini. E tutte sono state accomunate dal riconoscimento dell’importanza di internet per l’estrinsecazione della personalità individuale e del correlativo impegno – che deve essere proprio dei pubblici poteri – di assicurarne la fruizione. In quest’ottica, una delle decisioni che più di altre ha rappresentato un riferimento a livello comparatistico è stata quella resa dal Conseil constitutionnel francese in merito alla legge c.d. «Hadopi I», in cui si è collegata la tutela dell’accesso ad Internet alla tutela della libertà d’espressione, e dunque ad un corretto sviluppo della personalità umana, indicando nella Rete uno strumento mediante il quale, per un verso, l’individuo accresce le proprie risorse in termini di relazione e, per l’altro, si completano (almeno «allo stato attuale dei mezzi di comunicazione») le dimensioni nelle quali l’individuo può concretizzare le sue potenzialità espressive. La lettura dei leading cases transnazionali, ma, più in generale, della giurisprudenza sviluppatasi nei primi lustri di questo secolo, fa emergere chiara l’attenzione che si è mostrata per le potenzialità insite nella rete (le sue «virtù», verrebbe da dire), al punto che lo schema in cui è stato più facile imbattersi è stato quello di una reazione da parte del giudice nei confronti di una normazione censoria o liberticida posta in essere dal decisore politico, motivata da esigenze che si rivelavano non sufficientemente meritevoli di tutela: il caso classico è stato quello dell’invocazione della violazione dei diritti d’autore, su cui, in effetti, si sono potute rintracciare sentenze di grande momento in moltissimi ordinamenti (a partire proprio da quella precitata del Conseil constitutionnel). L’altro grande filone giurisprudenziale è legato alla protezione dei dati personali, messi a rischio da forme di controllo generalizzato che, proprio per non avere agganci con esigenze precise, rischiavano di mettere a repentaglio immotivatamente la libertà degli utenti di InternetInternet, però, non è quella dimensione arcadica che la lettura della giurisprudenza della «prima generazione» potrebbe suggerire. Internet, come qualunque altra dimensione di sviluppo della personalità umana, si presta ad utilizzi patologici. Lo si è sempre saputo, ma finora la dimensione della libertà da garantire ha prevalso, nelle statuizioni dei giudici, rispetto all’evidenziazione dei rischi. Negli ultimi tempi, però, si stanno affacciando nelle aule delle corti di massimo grado problematiche che richiedono di impostare il discorso in termini più articolati. Due decisioni rese nel 2017 possono offrire spunti interessanti, da questo punto di vista, sia per le questioni che affrontano sia – e forse soprattutto – per le soluzioni che offrono. La circostanza che le pronunce in discorso siano state rese proprio dai due giudici che hanno segnato, secondo quanto si è visto sopra, la prima generazione di giurisprudenza, cioè la Corte suprema statunitense ed il Conseil constitutionnel, se può essere un caso, può però accrescere la valenza simbolica delle due statuizioni. In queste pagine ci si soffermerà dunque su di esse, per cercare di trarre qualche spunto in ordine a ciò che lo sviluppo della Rete può implicare, non solo in relazione allo sviluppo della normazione e della giurisprudenza in materia, ma anche per i rapporti che possono andarsi a delineare tra il giudice costituzionale (o supremo) ed il legislatore nell’individuazione di punti di equilibrio tra contrapposte esigenze... (segue)



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