Sulla base della Dichiarazione di Salamanca e, soprattutto, del framework che della dichiarazione è parte integrante e sostanziale, per potersi definire inclusive, “[…] schools should accomodate all children regardless of their physical, intellectual, social, emotional, linguistic or other conditions. This should include disabled and gifted children, street and working children, children from remote or nomadic populations, children from linguistic, ethnic, or cultural minorities and children from other disadvantaged or marginalised areas or groups […]”. La dichiarazione è, peraltro, il frutto maturo di un orientamento pedagogico che ha dapprima messo in discussione, poi cercato di superare, il concetto di integrazione, sostituendolo con il paradigma dell’inclusività. Il concetto di integrazione postula, in effetti, la fissazione di uno standard “normale” cui il soggetto è chiamato ad avvicinarsi. Scopo delle politiche attive e finalità dell’intervento didattico è, per l’appunto, procedere per quanto possibile alla “normalizzazione” della diversità. In sostanza, “il paradigma a cui fa implicitamente riferimento l’idea di integrazione è quello ‘assimilazionista’, fondato sull’adattamento dell’alunno disabile a un’organizzazione scolastica che è strutturata fondamentalmente in funzione degli alunni normali… all’interno di tale paradigma, l’integrazione diviene un processo basato principalmente su strategie per portare l’alunno disabile a essere quanto più possibile simile agli altri”. Al contrario, l’inclusione inverte, copernicanamente, il paradigma stesso di normalità, presupponendo la pari dignità tra tutti i soggetti e cercando di costruire un ambiente di apprendimento appropriato per tutti i soggetti ed adeguato a valorizzare le peculiarità di ciascuno. Il paradigma inclusivo e la nozione di bisogni educativi speciali (special educational needs) nascono e si sviluppano in Gran Bretagna. Una scuola inclusiva, almeno secondo l’elaborazione teorica che ne sorregge i processi in area anglofona, è una scuola di qualità che adempie alla sua missione istituzionale di garanzia del diritto all’istruzione (diritto all’istruzione: non erogazione del servizio di istruzione) per ciascun allievo, sulla base degli standard del National curriculum, che sblocca “l’ascensore sociale”, che promuove il talento (dove c’è) e l’impegno. La scuola inclusiva, dunque, è, o per meglio dire opera al fine di diventare, una scuola basata sulla personalizzazione degli apprendimenti, che tiene conto e si fa carico delle difficoltà e delle potenzialità di tutti. La stessa linea di indirizzo, a ben vedere, è presente nei Principi guida per promuovere la qualità nella scuola inclusiva, promosse dall’Agenzia europea per lo sviluppo dell’istruzione degli alunni disabili; è parte sostanziale dell’Index for Inclusion: developing learning and participation in schools... (segue)
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