L’attività quotidiana delle pubbliche amministrazioni è segnata dal confronto, spesso dalla contrapposizione, tra esigenze che emergono dalla tutela di diversi interessi costituzionalmente protetti. Da un lato ci sono gli interessi sensibili dotati, per la loro rilevanza costituzionale, di una tutela rafforzata e che comprendono tradizionalmente la tutela della salute, dell’ambiente, del paesaggio, dei beni storico-artistici e della pubblica incolumità; dall’altro lato ci sono altri valori costituzionali, quali la libertà di iniziativa economica e l’occupazione, la cui promozione è al centro delle recenti riforme concernenti l’attività amministrativa per migliorarne la celerità, la prevedibilità e la stabilità. La p.a., sulla base dei criteri che sono (o che dovrebbero essere) forniti dal legislatore, è chiamata quindi ad effettuare una ponderazione dei citati interessi all’interno dei procedimenti relativi alle singole fattispecie concrete, ricercando un punto di equilibrio tra essi secondo criteri di proporzionalità e di ragionevolezza. I caratteri fondamentali di questo bilanciamento necessario sono stati chiariti recentemente dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 85 del 2013, nota come la sentenza sul caso Ilva. La sentenza dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale riguardanti gli articoli 1 e 3 del decreto legge n. 207 del 2012 sollevate in via incidentale dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Taranto. La pronuncia è di particolare interesse perché l’articolo 1 dell’intervento normativo in oggetto individua, con riguardo alla crisi di stabilimenti industriali di interesse strategico nazionale, il punto di equilibrio tra tutela dell’ambiente e della salute e interesse al mantenimento dei livelli di occupazione. Esso prevede all’articolo 1 che l’attività degli stabilimenti che siano stati riconosciuti di interesse strategico nazionale e che occupino almeno 200 persone, possa continuare, per un tempo non superiore a 36 mesi, anche nel caso in cui sia stato disposto il sequestro giudiziario degli impianti, se ciò è indispensabile per la salvaguardia dell’occupazione e della produzione e a condizione che siano rispettate le prescrizioni impartite con un’autorizzazione integrata ambientale rilasciata in sede di riesame. Il provvedimento inoltre, nell’articolo 3, prosegue rilevando la sussistenza di tutti i predetti requisiti per l’impianto siderurgico Ilva di Taranto, precisando che l’AIA rilasciata alla società Ilva il 26 ottobre 2012 produce gli effetti autorizzatori previsti dall’articolo 1 e concludendo che la società deve essere reimmessa nel possesso degli impianti e dei beni già sottoposti a sequestro dall’autorità giudiziaria. Esso costituisce dunque un chiaro esempio di legge provvedimento. La Corte dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale relative ad entrambi gli articoli, in quanto riconosce che “la ratio della disciplina censurata consiste nella realizzazione di un ragionevole bilanciamento tra diritti fondamentali tutelati dalla Costituzione, in particolare alla salute (art. 32 Cost.), da cui deriva il diritto all’ambiente salubre, e al lavoro (art. 4 Cost.), da cui deriva l’interesse costituzionalmente rilevante al mantenimento dei livelli occupazionali ed il dovere delle istituzioni pubbliche di spiegare ogni sforzo in tal senso.” La Corte precisa che nella Costituzione non ci sono interessi preminenti in modo assoluto sugli altri, neanche quelli definiti dalla stessa come “valori primari”, e non c’è quindi una “rigida gerarchia” tra diritti fondamentali. Essi, invece, “si trovano in rapporto di integrazione reciproca e non è possibile pertanto individuare uno di essi che abbia la prevalenza assoluta sugli altri. La tutela deve essere sempre «sistemica e non frazionata in una serie di norme non coordinate ed in potenziale conflitto tra loro» (sentenza n. 264 del 2012). Se così non fosse, si verificherebbe l’illimitata espansione di uno dei diritti, che diverrebbe “tiranno” nei confronti delle altre situazioni giuridiche costituzionalmente riconosciute e protette, che costituiscono, nel loro insieme, espressione della dignità della persona.”… (segue)
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