Tra gli aspetti innovativi del Codice dei contratti pubblici adottato con d. lgs. 18 aprile 2016, n. 50 (il quale nella presente disamina verrà denominato anche Codice degli appalti o tout court Codice) uno dei più rilevanti consiste nell’introduzione, su scala nazionale, dell’istituto del dibattito pubblico: esso, già disciplinato in alcune Regioni italiane e in altri ordinamenti come s’illustrerà nei due paragrafi che seguono, a quella data non era previsto in Italia a livello statale, benché negli anni precedenti la suddetta introduzione fosse stata suggerita sia in documenti politici sia in proposte di legge. Svolgendo i principi e criteri direttivi elencati nell’art. 1, comma 1, lett. ppp) e soprattutto lett. qqq), della legge delega 28 gennaio 2016, n. 11, l’art. 22 del Codice degli appalti menziona (“Trasparenza nella partecipazione di portatori di interessi e dibattito pubblico”) e disciplina, sia pur sommariamente, un istituto in precedenza non regolato a livello statale, che permette di realizzare la partecipazione degli interessati al procedimento volto ad assumere le decisioni sulle grandi opere pubbliche. L’art. 22 del Codice, mentre nel comma 1 – riguardo ai progetti di fattibilità delle grandi opere infrastrutturali – cita genericamente «gli esiti della consultazione pubblica, comprensivi dei resoconti degli incontri e dei dibattiti con i portatori di interesse», nei commi successivi menziona specificamente il dibattito pubblico: i commi 3 e 4 si limitano a citare tale istituto, rispettivamente prevedendo che chi propone l’opera soggetta a dibattito pubblico indice quest’ultimo e ne segue la procedura e che gli esiti del dibattito pubblico sono valutati in sede di predisposizione del progetto definitivo e discussi in sede di conferenza di servizi, il comma 2 contiene una disciplina più puntuale… (segue)
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