
Considerando il carattere “oppositivo” di questo referendum, la cui finalità costituzionale è di consentire non ad una ristretta minoranza di elettori, ma al corpo elettorale di impedire con la propria volontà l’entrata in vigore di una riforma costituzionale pur approvata a larga maggioranza (ma inferiore ai due terzi) dal Parlamento, si potrebbe perfino dubitare dell’opportunità della scelta di escludere la necessità di un quorum per la validità del referendum. Ma tant’è. Allo stato della normativa costituzionale, gli elettori non possono sfuggire all’esigenza di esprimersi (per il sì, per il no o con una scheda bianca) anche se giudicano – come in questo caso si potrebbe giudicare – assai limitata la rilevanza del tema in termini di coinvolgimento dei valori costituzionali che contano. Seicentotrenta o quattrocento deputati, trecentoquindici o duecento senatori elettivi, in un quadro in cui le due Camere conservano intatte le loro funzioni e i loro poteri, e resta l’eguaglianza rispettiva di posizioni che caratterizza il nostro bicameralismo paritario, fanno davvero poca differenza. Pare difficile sostenere che vi sarebbe un vulnus alla rappresentatività delle Camere. Questa infatti non dipende in generale dal fatto che siano più o meno le centinaia di eletti, quando gli elettori sono decine di milioni, quanto piuttosto dal rapporto ”sostanziale” e qualitativo che si realizza fra elettori ed eletti, su cui, come si sa, in una democrazia di massa sono decisivi da un lato il ruolo di intermediazione svolto dai partiti politici e dalle altre grandi organizzazioni sociali, dall’altro i sistemi elettorali… (segue)
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