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FOCUS - Osservatorio di Diritto sanitario

 Consiglio di Stato, Sentenza n. 7343/2020, È illegittima la delibera che prevede una disciplina differente per la procreazione medicalmente assistita (PMA) eterologa, a carico del Servizio sanitario regionale, rispetto a quella omologa.

È illegittima la delibera che prevede una disciplina differente per la procreazione medicalmente assistita (PMA) eterologa, a carico del Servizio sanitario regionale, rispetto a quella omologa.

Cons. Stato., sez. III, 24 novembre 2020, n. 7343

 

Pres. F. Frattini, Est. U. Maiello - OMISSIS, (avv.to Fernando Petrivelli). c. Azienda Usl Toscana Nord Ovest, (avv.ti Sabrina Gallonetto, Pio Dario Vivone) e OMISSIS, (avv.ti Francesco Caliandro, Roberto Enrico Paolini)

 

 

Procreazione medicalmente assistita – Eterologa – Omologa – Previsione di un limite del quarantatreesimo anno di età e del limite massimo di tre cicli nella procreazione medicalmente assistita eterologa – Illegittimità.

 

Criteri di selezione – Esami sui donatori – Studi e dati scientifici della disciplina settoriale - Elementi rilevanti ai fini della differenziazione tra le due tecniche di PMA – Rischio significativo dell’ovodonazione – Linee guida dettate dalla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome – Condizioni di età e limite al numero di trattamenti per accedere alla PMA eterologa.

 

Appello infondato – Materiale biologico appartenente ad uno dei genitori del nascituro – Materiale biologico non appartenente ad uno dei due genitori o a nessuno dei due – Delibera Regionale – Irrituale integrazione del corredo motivazionale della statuizione regionale – Soglia d’età diversa da quella dedotta dall’appellante – Respinto.

 

 

Paragrafo finale del documento Regionale – Aspetti finanziari della fecondazione Omologa ed Eterologa – Criteri di accesso a carico del SSN – Ambito relativo ad esigenze organizzative e finanziarie – Età potenzialmente fertile – Esigenze finanziarie di contenimento della spesa – Sbarramento d’accesso alla PMA Eterologa – Disparità di trattamento tra interventi complementari.

 

Parametro dell’età – Previsione elastica ponderata alla luce delle risultanze scientifiche – Utilità tecnica e possibili complicanze – Soluzioni differenziate adottate dalle singole Regioni – Incapacità del parametro ad orientare valutazioni concludenti sulla capacità tecnica – mero suggerimento.

 

Diritto alla Salute – Limiti interni ed esterni – Diritti Costituzionali di pari rango – Organizzazione del Servizio Sanitario Nazionale – La Regione deve garantire lo stesso trattamento a tutti i soggetti che versino nella medesima situazione di bisogno – Diritto dell’individuo e interesse della collettività – Principio di uguaglianza sostanziale.

 

Rispetto di un criterio discretivo contraddistinto da coerenza logica – Sfera dei diritti fondamentali – Discrezionalità della P.A

 

Il Consiglio di Stato nella pronuncia in oggetto ha ribadito, confermando quanto ritenuto dal giudice di prime cure, che è illegittima la delibera di Giunta che introduce una disciplina differenziata per la procreazione medicalmente assistita (PMA) eterologa, a carico del Servizio sanitario regionale, rispetto a quella omologa. In particolare, in riferimento alla previsione di un limite del quarantatreesimo anno di età e del limite massimo di tre cicli previsto esclusivamente per quella eterologa.

 

La ricorrente lamentava il fatto che il giudice di prime cure nella sentenza appellata non avesse considerato che per le due tecniche di PMA i criteri di selezione e gli esami da effettuare sui donatori fossero elementi rilevanti ai fini della differenziazione tra le due soprattutto in relazione al maggior esborso economico richiesto alla PA per garantirne l’accesso.

Inoltre, deduceva che gli studi e i dati scientifici della disciplina settoriale fossero di per sé idonei a giustificare un trattamento differenziato per le due tecniche di PMA in relazione al rischio significativo che l’ovodonazione può comportare per una donna di 43 anni che diventa altamente significativo per una donna dopo i 45 anni.

Rilevava altresì che nella propria determinazione vi fosse un richiamo esplicito alla disciplina prevista dalle linee guida dettate dalla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome contenenti le condizioni di età ed il limite al numero di trattamenti per accedere alla PMA eterologa.

 

Il Consiglio di Stato, ha respinto l’appello, ricordando, per esigenze sistematiche di chiarezza che si ha procreazione medicalmente assistita tutte le volte in cui il concepimento non è conseguenza naturale del rapporto tra un uomo e una donna ma l’effetto di un intervento di assistenza tecnica curato da sanitari specializzati. La PMA può essere «omologa», se il materiale biologico appartiene ai genitori del nascituro, e «eterologa», se invece il materiale biologico non appartiene ad uno dei due genitori o a nessuno dei due. A detta della Sezione, l’impugnata delibera regionale che secondo l’appellante conteneva tutti gli elementi idonei a giustificare un trattamento differenziato, fosse in realtà una “irrituale integrazione del corredo motivazionale della statuizione regionale evincibile esclusivamente dalle difese svolte dalla Regione nel giudizio”. In altri termini, l’appellante si era limitata a dare conto della presenza di studi scientifici come il documento approvato dalla Conferenza delle Regioni, senza richiamare e far confluire nel procedimento un dato specifico istruttorio. Inoltre, gli assunti dell’appellante sarebbero smentiti proprio dal documento stesso che ritiene controindicata una soglia di età (50 anni) molto diversa da quella dedotta dall’appellante (43 anni).

Il Collegio, rileva che, è vero che nel paragrafo finale del documento relativo alla “fattibilità e aspetti finanziari della fecondazione omologa e eterologa” sembra esservi un richiamo all’età di 43 anni, in particolare nel punto in cui la Conferenza ha proposto “dei criteri di accesso a carico del SSN, che comprendono l’età della donna (fino al compimento del 43 anno) ed il numero di cicli che possono essere effettuati nelle strutture sanitarie pubbliche (massimo 3) e propone gli stessi criteri anche per quella eterologa.” Tuttavia, ad avviso della Sezione tale proposta, riguarda un ambito relativo ad esigenze organizzative e finanziarie non potendo ritenersi espressione di una “valutazione di carattere tecnico – scientifico quale soglia limite per definire il concetto normativo di “età potenzialmente fertile”. Non può, dunque, un generico richiamo alle esigenze finanziarie di contenimento della spesa avente valenza essenzialmente programmatica, fondare, attraverso la previsione di sbarramenti di accesso alla PMA eterologa, una disparità di trattamento tra interventi che vanno considerati complementari sul piano dell’assistenza terapeutica quali “species di un medesimo genus”.

In ragione di ciò, il Collegio ha rilevato che il parametro dell’età fissato nel quarantatreesimo anno, costituisca una previsione elastica ponderata alla luce delle risultanze scientifiche che tengano conto dell’utilità della tecnica e delle possibili complicanze. Ad avviso della sezione, infatti tale parametro contenuto nel documento, essendo sganciato da univoche evidenze scientifiche ma ancorato a profili di programmazione finanziaria può essere visto come un mero suggerimento di sconsigliare comunque la pratica eterologa su donne di età superiore a 50 anni. Invero, le singole Regioni hanno adottato soluzioni differenziate in ordine al parametro dell’età della donna, non tutte essendosi uniformate alla proposta a conferma dell’incapacità del suddetto limite ad orientare valutazioni concludenti sulla capacità della tecnica in argomento di mantenere sufficienti ed efficaci margini di sicurezza.


Il giudice amministrativo ha richiamato un precedente della stessa Sezione, per porre in evidenza il fatto che “il diritto alla salute, cui è ricondotto il ricorso alla PMA anche eterologa, non è assoluto e incontra limiti sia esterni, posti dall’esistenza di diritti costituzionali di pari rango, che interni, posti dall’organizzazione del Servizio sanitario nazionale.”
Ha sottolineato che la Regione deve garantire ragionevolmente il medesimo trattamento a tutti i soggetti che versino nella stessa situazione di bisogno, a tutela del diritto di salute (art. 32 Cost.), quale “diritto dell’individuo e interesse della collettività, o di altri costituzionalmente rilevanti ed in applicazione, comunque del superiore principio di uguaglianza sostanziale sancito dall’art. 3 della Costituzione.” 
(Cons. St. sez. III 3297/2016).


In conclusione, il Collegio evidenzia che le scelte effettuate dovranno rispettare sempre un criterio discretivo contraddistinto da coerenza logica, soprattutto nell’ipotesi in cui riguardino la sfera dei diritti fondamentali, fatta salva la discrezionalità dell’Amministrazione. Nel caso di specie, il parametro individuato nel documento non è parso idoneo, costituendo un ordinario strumento ricognitivo delle previsioni di spesa connesse all’organizzazione del servizio.

                                                                                                                                                B.G.



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