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FOCUS - Osservatorio Trasparenza

 Corte Costituzionale, Sentenza n. 204/2021, I termini per la proposizione del rimedi giurisprudenziali in materia di appalti superano il vaglio di costituzionalità

I termini per la proposizione del rimedi giurisprudenziali in materia di appalti superano il vaglio di costituzionalità

Corte Costituzionale, sentenza 6 ottobre 2021, n. 204 (pubblicata in G.U. il 3 novembre 2021, n. 44)

Pres. O. Coraggio, Est. A.A. Barbera nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 120, comma 5, dell’Allegato 1 (Codice del processo amministrativo) al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell’articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al governo per il riordino del processo amministrativo), promosso dal Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione staccata di Lecce, nel procedimento vertente tra la Sincon srl e il Comune di Latiano e altri, con ordinanza del 2 marzo 2020, iscritta al n. 107 del registro ordinanze 2020 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 37, prima serie speciale, dell’anno 2020.

TAR Lecce - Termine proposizione ricorso per motivi aggiunti – Art. 120, co. 5, c.p.a. – Trenta giorni dalla comunicazione dell’aggiudicazione – Accesso agli atti – Irricevibilità per tardività

Questione di legittimità costituzionale – Termini rito appalti – Contrasto con art. 24 Cost. – Accesso agli atti – Piena conoscenza – Ammissibilità

Questione di legittimità costituzionale – Termini rito appalti – Contrasto con art. 24 Cost. – Accesso agli atti – Piena conoscenza – Infondatezza

Corte costituzionale – Interpretazione costituzionalmente orientata – Adunanza Plenaria n. 12/2020 – Ammissibilità secondo canoni letterali e logico sistematici – Contrasto art. 24 Cost. – Esclusione

Il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, Lecce, con ordinanza n. 107/2020 ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 120, comma 5 del Codice del processo amministrativo (d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104) in riferimento all’art. 24 della Costituzione, nella parte in cui fa decorrere il termine per proporre motivi aggiunti nelle controversie in materia di procedure di affidamento dalla ricezione della comunicazione di cui all’art. 79 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (cd. “primo” codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture).

Ad avviso del giudice remittente, così facendo, il termine di decadenza per proporre motivi aggiunti decorrerebbe da un momento in cui la parte ricorrente, pur avendo contezza dell’aggiudicazione a favore di altro concorrente, ben potrebbe ignorare i vizi che affliggono la procedura di gara, e la cui conoscenza potrebbe seguire alla visione degli atti del procedimento, per effetto dell’istanza di accesso. Né tale termine di decadenza, in mancanza di un correttivo di legge, può essere in via interpretativa dilazionato per garantire l’esercizio del diritto di difesa, neppure per l’ipotesi di accesso agli atti di gara.

La Corte costituzionale, pur ritenendo la questione ammissibile, nel merito la giudica infondata sulla base di argomentazioni, afferenti sia il piano letterale che quello logico-sistematico.

Ad avviso della Corte, fermo restando che l’inizio del termine per proporre il ricorso coincide con la data della comunicazione della aggiudicazione, è proprio il rinvio al testo integrale (e dunque comprensivo dell’attività conseguente alla richiesta di accesso) dell’art. 79 del “primo” codice dei contratti pubblici (ed ora a quello del sopravvenuto art. 76 del “secondo” codice contratti pubblici) a ricondurre nel cerchio delle interpretazioni compatibili con la lettera della legge, secondo il contesto logico-giuridico al quale pertiene la norma, la lettura che impone una dilazione temporale, correlata all’esercizio dell’accesso nei quindici giorni previsti attualmente dall’art. 76 del vigente “secondo” cod. dei contratti pubblici (e, in precedenza, ai dieci giorni indicati invece dall’art. 79 del “primo” cod. contratti pubblici).

Inoltre, secondo la Corte Costituzionale, il rinvio all’art. 79 del “primo” codice dei contratti pubblici impone all’interprete il compito di assegnare alla norma il significato che essa acquisisce, a seguito dell’abrogazione della disposizione oggetto di rinvio. E quindi di definire il carattere formale o materiale del rinvio, ma anche la sua portata. E’ questo, del resto, il compito tipico del giudice: interpretare le norme.

Gli esiti sono riassumibili nei termini di cui all’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato nella decisione 2 luglio 2020, n. 12: in via generale, il dies a quo per proporre il ricorso principale ed i motivi aggiunti decorre dalla comunicazione dell’aggiudicazione fermo il già descritto meccanismo di dilazione temporale per denunciare i vizi che emergano a seguito dell’accesso agli atti di gara. Infatti, attraverso il meccanismo della cosiddetta dilazione temporale per i casi di accesso tempestivamente soddisfatto dall’amministrazione, si garantisce che il termine per proporre i motivi aggiunti, pur decorrendo, per l’ipotesi prevista dalla disposizione censurata, dalla data di comunicazione dell’aggiudicazione, sia ugualmente pieno.

Tale interpretazione si pone come costituzionalmente orientata in quanto conforme alle garanzie proprie del diritto di difesa e, pertanto, consente di risolvere il giudizio a quo preservando il disposto normativo dalle cesoie della declaratoria di incostituzionalità.



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