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FOCUS - Osservatorio di Diritto sanitario

 Tribunale, Milano, Sentenza n. 8382/2022, Il carattere percipiente della CTU nel giudizio di responsabilità in ambito sanitario

Il carattere percipiente della CTU nel giudizio di responsabilità in ambito sanitario

 

Trib. Milano, sent. 25 ottobre 2022, n. 8382

 

Giudice Gandolfi - R.G. (Avv. Amadori) c. Azienda O.G., M.C. e S.D. (Avv. Vinci)

 

Responsabilità civile – Responsabilità in ambito sanitario –– Ruolo della consulenza tecnica d’ufficio – Consulenza percipiente – Funzione

 

Responsabilità civile – Responsabilità in ambito sanitario – Responsabilità della struttura sanitaria – Natura contrattuale – Riparto dell’onere della prova.

 

 

Il Tribunale di Milano, con sentenza n. 8382 del 25 ottobre 2022, ha avuto modo di prendere in considerazione il ruolo della consulenza tecnica d’ufficio nei giudizi di responsabilità medica.

Nel caso di specie, un uomo, dopo essersi recato al pronto soccorso per via di forti dolori al torace, veniva sottoposto ad alcuni accertamenti clinici e strumentali ed era dimesso con diagnosi di toracoalgia aspecifica. Dopo due giorni, avendo fatto ritorno al pronto soccorso di quella struttura per l’aumentare del dolore, era dimesso nuovamente, con diagnosi di sospetta esofagite da reflusso, ma, poiché il male persisteva, si rivolgeva a un’altra struttura, dove veniva ricoverato urgentemente per infarto miocardico acuto. Agiva, quindi, in giudizio nei confronti della prima struttura e di quei medici, domandandone la condanna al risarcimento del danno subito.

Richiamando la giurisprudenza di legittimità, il giudice si sofferma sulle caratteristiche della consulenza tecnica d’ufficio. Com’è noto, la CTU non è un mezzo di prova in senso proprio, ma uno strumento affidato al prudente apprezzamento del giudice di merito. Egli può dare incarico al consulente di valutare i fatti accertati o dati per esistenti oppure gli può affidare anche quello di accertare i fatti stessi. Nel primo caso si tratta di consulenza deducente, nel secondo, invece, si parla di consulenza percipiente. Per tale seconda ipotesi, è necessario e sufficiente che la parte deduca il fatto posto a fondamento del suo diritto e che il giudice reputi che l’accertamento richieda specifiche cognizioni tecniche. Nei giudizi di responsabilità in ambito medico-chirurgico, la consulenza tecnica d’ufficio viene ad avere carattere percipiente e diventa essa stessa fonte di prova per l’accertamento dei fatti, dato che le conoscenze necessarie a rilevarli e a comprenderli sono estremamente tecniche (cfr. Cass., 24.6.2020, n. 12387).

La riflessione si coordina con l’inquadramento della responsabilità civile della struttura sanitaria. Come rammenta il Tribunale di Milano, essa ha natura contrattuale, riferendosi al contratto di spedalità che la struttura stessa conclude con il paziente. Al paziente danneggiato spetta dunque l’onere di provare, oltre alla fonte del credito, il nesso di causalità, secondo il criterio del “più probabile che non”, tra la condotta del professionista e il danno lamentato, mentre il danneggiante deve «dimostrare, in alternativa all'esatto adempimento, l'impossibilità della prestazione derivante da causa non imputabile, provando che l'inesatto adempimento è stato determinato da un impedimento imprevedibile ed inevitabile, da intendersi nel senso oggettivo della sua inimputabilità all'agente» (v. Cass., 29.3.2022, n. 10050).

Nel caso in esame, il giudice aderisce alle risultanze della CTU espletata. A corroborare l’ipotesi di una patologia cardiaca concorrevano la presenza di una sintomatologia tipica, un noto fattore di rischio come il fumo, il dato anamnestico di una precedente valutazione – all’esito della quale erano stati disposti pertinenti approfondimenti diagnostici – e un tracciato elettrocardiografico non del tutto nei limiti. Anche se non si sono potute ascrivere condotte negligenti ai medici convenuti, l’operato dei sanitari di quella struttura è ritenuto censurabile per la mancata disposizione di un approfondimento specialistico cardiologico, che avrebbe dato luogo, se fosse stato posto in essere, a un ricovero funzionale all’esecuzione di accertamenti mirati, così potendosi evitare il verificarsi dell’evento dannoso, ossia l’infarto del miocardio.

È attraverso le conclusioni della CTU medico-legale che il paziente danneggiato ha allora assolto il proprio onere probatorio, sull’esistenza del nesso eziologico fra l’omessa tempestiva diagnosi e il danno alla salute subìto, mentre la struttura convenuta non è stata in grado di dimostrare il fatto estintivo del diritto, cioè «l'impossibilità della prestazione derivante da causa non imputabile, provando che l'inesatto adempimento è stato determinato da un impedimento imprevedibile ed inevitabile con l'ordinaria diligenza» (Cass., 26.7.2017, n. 18392).

S.C.



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