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FOCUS - Osservatorio di Diritto sanitario

 Tribunale, , Sentenza n. 744/2023, La responsabilità per il danno cagionato da overtreatment

Giudice unico Federica Ferretti – M.F. (Avv. Michela Varocchi) c. V.F.H. srl (Avv. Matteo Cecconi) e A.E. limited (terza chiamata, Avv.ti Stefano Taurini e Maurizio Hazan)

 

 

Responsabilità sanitaria – Danno non patrimoniale – Danno biologico – Risarcibilità del danno da overtreatment.

 

Responsabilità sanitaria – Danno non patrimoniale – Danno da lesione del diritto all’autodeterminazione – Consenso informato – Onere della prova.

 

Con sentenza n. 744 del 2023, il Tribunale di Prato si è occupato di un caso di responsabilità medica per c.d. overtreatment.

Nel caso di specie, una donna si rivolgeva a un medico per il disagio estetico provocatole dall’aspetto del piede sinistro. Le veniva proposto un determinato intervento chirurgico, che però riteneva troppo invasivo. Chiedeva quindi se fosse possibile operare seguendo una tecnica diversa. Confermata tale possibilità, il medico la operava invece secondo quella modalità inizialmente prospettata, cui la paziente non aveva acconsentito. In seguito all’intervento, la donna lamentava dolore al piede operato e difficoltà nella deambulazione. Agiva quindi in giudizio nei confronti del chirurgo e della struttura, domandandone la condanna al risarcimento del danno patito, per la lesione del diritto alla salute e la violazione del diritto all’autodeterminazione.

In relazione alla prima delle contestazioni, la paziente denuncia di essere stata sottoposta, appunto, ad overtreatment, cioè a un trattamento sanitario esorbitante le proprie necessità terapeutiche, riportando un “prolungamento dell’invalidità biologica temporanea rispetto a quella che si sarebbe attesa a fronte di un intervento meno invasivo” e “un danno biologico permanente rappresentato dal maggior danno rispetto a quello che si sarebbe atteso a fronte di un intervento meno invasivo” nonché la mancata risoluzione delle problematiche estetiche che l’avevano portata a cercare un aiuto medico.

Secondo gli esiti della CTU, cui il giudice aderisce, l’intervento eseguito, pur essendo adeguato astrattamente, risulta essere effettivamente di portata maggiore rispetto alle esigenze cliniche della paziente.

Nel caso in esame, tuttavia è da escludere la sussistenza di “postumi diversi da quelli normalmente ricollegabili ad un trattamento più idoneo e meno invasivo”, mentre è riscontrato invece un danno biologico differenziale, rapportato alla prognosi più lunga rispetto a quella riferibile ad un intervento meno invasivo.

 

Quanto alla seconda contestazione, la paziente sostiene di non aver prestato un valido consenso informato con riguardo all’operazione chirurgica praticata e da ciò sarebbe conseguito un danno.

Il giudice, se da un lato osserva che il consenso della paziente non risulta acquisito, poiché il documento di consenso informato sottoscritto presente in atti è un modulo prestampato del tutto generico, privo della data, della diagnosi, della metodica dell’intervento e delle probabilità di successo, dall’altro sottolinea che, per poter ottenere un risarcimento, la paziente avrebbe dovuto allegare e provare il “danno conseguenza” causato dal “danno evento” consistente nella lesione del diritto all’autodeterminazione. Nulla è risarcibile, non essendo stato questo nemmeno allegato.

La domanda è perciò accolta parzialmente e medico e struttura sono condannati al pagamento, in solido, della somma di 876,14 euro, a titolo risarcitorio in favore della paziente.

S.C.



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