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FOCUS - Osservatorio sul diritto elettorale

 La Camera dei deputati annulla l’elezione della deputata Scutellà

Lo scorso 12 marzo, l’Assemblea della Camera – aderendo alla proposta della Giunta delle elezioni – ha deliberato l’annullamento dell’elezione della deputata Anna Laura Orrico nel Collegio uninominale n. 2 della XXIII Circoscrizione Calabria e ha proclamato al suo posto il ricorrente Andrea Gentile (candidato nelle file del centro-destra). Per l’effetto di tale annullamento, la deputata Orrico è slittata nel collegio plurinominale unico della XXIII circoscrizione Calabria nella lista Movimento cinque Stelle, determinando a cascata l’annullamento dell’elezione della deputata Elisa Scutellà.

Ripercorriamo brevemente le principali tappe della vicenda. In occasione delle elezioni del 25 settembre 2022, gli uffici elettorali avevano proclamato la deputata Orrico in ragione di un vantaggio di 482 voti rispetto al rivale Gentile. Tuttavia, a seguito dell’attività svolta dal Comitato di verifica nominato dalla Giunta delle elezioni, il ricorrente si trovava in vantaggio di 240 voti. Le motivazioni di questo ribaltamento erano in larga parte dovute a una diversa interpretazione del dato delle schede nulle in conseguenza dell’applicazione del principio del favor voti.

La legge “Rosato” non ha infatti disciplinato espressamente il problema della nullità o validità della scheda recante una plurima preferenza fra liste collegate a sostegno di un medesimo candidato all’uninominale. La tesi dell’invalidità era confortata dalla valorizzazione di un aspetto centrale della legge elettorale Rosato, ossia il meccanismo del voto congiunto, sicché sarebbe risultato illogico che una stessa scheda potesse risultare parzialmente valida e parzialmente nulla. Per contro, a sostegno della tesi della validità è stato richiamato un principio generale del diritto elettorale – il c.d. favor voti – ai sensi del quale è necessario privilegiare l’interpretazione delle norme elettorali in grado di favorire la validità del voto. Alla luce di tale principio, i casi di nullità dovrebbero essere considerati di stretta interpretazione.

Peraltro, nel silenzio della legge, le Istruzioni per le operazioni degli uffici elettorali di sezione elaborate dal Ministero dell’Interno avevano optato per la soluzione maggiormente restrittiva.

In apertura della XVIII legislatura entrambe le Giunte delle elezioni – sia pure con alcune iniziali esitazioni soprattutto al Senato – si erano allineate alla soluzione indicata dal Ministero dell’Interno in sede di approvazione dei Criteri di validità delle schede elettorali. All’inizio della XIX legislatura, il Senato ha ulteriormente confermato tale precedente (seduta del 29 novembre 2022). Al contrario, nella seduta del 28 giugno 2023, la Giunta delle elezioni della Camera ha approvato un criterio di segno inverso, sia rispetto a quello seguito nella legislatura precedente, sia rispetto a quello accolto al Senato. Fra le proteste di alcuni gruppi di opposizione, la Giunta ha approvato un criterio che – in caso di preferenza plurima – portava ad attribuire i voti al candidato del collegio uninominale e a ripartirli tra tutte le liste della coalizione in proporzione ai voti ottenuti da ciascuna di esse nel collegio.

I lavori della Giunta sono stati in tale occasione caratterizzati da forti tensioni fra maggioranza e opposizione. In particolare, i gruppi di opposizione hanno denunciato come una forzatura procedurale il mancato accoglimento della richiesta di ampliare l’istruttoria attraverso la verifica di un campione di schede valide. Se infatti il Comitato di verifica aveva proceduto ad un controllo delle schede bianche e nulle in presenza di 484 voti di vantaggio a favore della deputata Orrico, a maggior ragione – questo il ragionamento delle opposizioni – si sarebbe dovuto procedere ad una verifica delle schede valide all’esito di un divario numericamente dimezzato.

Non è questa la sede per sviluppare una riflessione più ampia sui possibili rimedi intra o extra moenia volti a riformare il modello italiano di controllo della regolarità della composizione delle Assemblee parlamentari. Sia tuttavia consentito evidenziare un aspetto che emerge in maniera specifica dalla vicenda dell’annullamento dell’elezione della deputata Scutellà.

Come detto, in relazione al principio del favor voti risultano astrattamente plausibili entrambe le interpretazioni proposte. Ciò che invece determina un grave vulnus nel funzionamento del sistema è il fatto che la scelta fra queste due soluzioni venga rimessa ad una fonte di diritto parlamentare informale come i Criteri di validità delle schede elettorali definiti dalle Giunte delle elezioni. Fra l’altro, mentre al Senato tali Criteri trovano quanto meno copertura nell’art. 12, c. 1 del Regolamento per la verifica dei poteri, alla Camera non vi è alcuna meta-norma scritta che autorizzi la Giunta a esercitare attraverso tale Criteri una funzione di fatto normativa. I Criteri costituiscono dunque una fonte non tipizzata e sui generis, caratterizzata dalla limitata pubblicità e durata temporale (essendo circoscritti alla legislatura in corso). Al fine di non deviare dalla struttura minima ed essenziale del paradigma processuale, essi dovrebbero essere adottati da un organo diverso rispetto a quello chiamato a darne applicazione oppure dovrebbero limitarsi ad una mera attività di interpretazione della normativa in materia elettorale, senza altresì svolgere una funzione di implementazione rispetto ad eventuali lacune legislative.

A ben riflettere, si tratta di una criticità ancora più grave rispetto all’esercizio da parte del Governo di attività normative in materia elettorale. Tutto sommato, le norme elettorali di derivazione governativa – per quanto in contrasto con la riserva di legge implicita in materia elettorale – tendono generalmente ad assicurare regole uniformi fra le due Camere in presenza di sistemi elettorali omogenei. Inoltre, esse precedono e non seguono lo svolgimento delle elezioni. Nel caso in esame, invece, si è giunti al paradosso di vedere applicato il principio del favor voti in una sola delle due Camere pur in presenza di norme legislative identiche. Per di più, il ramo del Parlamento che ha adottato tale principio lo ha fatto dopo la proclamazione degli eletti, discostandosi dal precedente della XVIII legislatura.



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