
Domenica 23 febbraio si sono tenute le elezioni per il ventunesimo Bundestag, anticipate rispetto alla scadenza prevista dalla Legge fondamentale, in virtù della mancata approvazione della questione di fiducia posta dal cancelliere Scholz a metà del dicembre scorso. Il voto ha certificato uno spostamento a destra del corpo elettorale, con la coalizione CDU-CSU che ha ottenuto il 28,6% dei suffragi, seguita dall’AfD che, con più di un quinto delle preferenze, ha conseguito il miglior risultato nella storia delle elezioni federali per un partito estraneo all’arco istituzionale. Perdono consensi, invece, tutti i partiti che avevano formato la Ampelkoalition, con i socialdemocratici che si sono fermati al 16,4%, i Verdi all’11,6% e la FDP al di sotto della soglia di sbarramento. Non ha avuto accesso al riparto dei seggi neanche la Bündnis Sahra Wagenknecht, mentre è tornata a risalire la sua rivale a sinistra, la Linke, riuscita ad attestarsi all’8,8% dei voti. Infine, l'Associazione degli elettori dello Schleswig meridionale (SSW), esente dalla soglia di sbarramento in quanto rappresentante di una minoranza, ha mantenuto il seggio ottenuto nel 2021.
Il candidato cristiano-democratico alla cancelleria, Friedrich Merz, ha già avviato le trattative per la formazione di un nuovo governo di coalizione assieme all’SPD del cancelliere uscente Olaf Scholz. Nascerà, dunque, una nuova Grosse Koalition a pochi anni di distanza dalla fine dell’ultima, che era stata guidata da Angela Merkel. La stessa Merkel, storica rivale interna di Merz, è, inaspettatamente, intervenuta in piena campagna elettorale criticando la leadership della CDU per la simbolica rottura del Brandmauer. A fine gennaio, infatti, l’inedito voto in congiunto al partito di estrema destra guidato da Alice Weidel, su una mozione che richiedeva al governo azioni per contrastare immigrazione illegale e insicurezza, a seguito dei tragici attentati avvenuti tra dicembre e gennaio, ha rappresentato una grossa scossa nel panorama politico tedesco. Tra le forti condanne dell’Unione da parte delle forze progressiste è spiccato il discorso di Heidi Reichinnek, alla cui diffusione virale è probabilmente riconducibile l’improvvisa crescita della Linke. In generale, l’AfD è stato trai principali catalizzatori di attenzioni in campagna elettorale, sotto osservazione in seguito all’aumento di consensi certificato in tutte le tornate recenti – già alle europee del 9 giugno scorso era risultato secondo – e per l’appoggio ricevuto da Elon Musk e dell’ambiente MAGA. L’interferenza proveniente dall’esecutivo statunitense si è inserita all’interno di una più ampia precarizzazione dei legami internazionali con i Paesi europei, ben ravvisabile, ad esempio, nel discorso tenuto, nella settimana precedente le elezioni, dal Vice-Presidente Vance alla Conferenza di Monaco sulla sicurezza, e che ha assunto dimensioni ancora più notevoli nei giorni recenti, spingendo anche Merz verso una difesa europea comune. Quest’ultimo tema ha, tra le sue conseguenze, l’allineamento verso l’aumento dei finanziamenti per le forze armate e il connesso ammorbidimento delle posizioni conservatrici nei confronti di una rimodulazione del freno al debito (Schuldenbremse), avanzato da più aree politiche per far fronte al ciclo economico negativo che vive attualmente il Paese. Il vincolo costituzionale, la cui pervasività si è manifestata con la decisione del BVerfG del 15 novembre 2023 (2 BvF 1/22), era stato al centro dei dissidi interni alla coalizione semaforo in merito alla legge di bilancio per l’anno 2025, che avevano portato alla fuoriuscita dal governo dei liberali, guidati dal ministro delle finanze Christian Lindner. La quantità di temi in discussione, l’incremento delle distanze tra le posizioni dei partiti e l’ampliamento dell’offerta politica, soprattutto ad opera delle due estreme, sono tra gli elementi che, con ogni probabilità, hanno portato al raggiungimento della più alta affluenza dalle elezioni del 1987, attestatasi all’82,5%.
Le elezioni del 2025 sono state anche l’occasione per la prima applicazione della nuova legge elettorale, approvata a marzo 2023 con i soli voti della maggioranza di governo. Il nuovo sistema di attribuzione dei seggi, cd. copertura dei secondi voti (Zweitstimmendeckung), come da tradizione della Repubblica Federale, non stravolge le regole elettorali ma si innesta sul sistema proporzionale personalizzato (personalisierte Verhältniswahlrecht), concepito per le prime elezioni del 1949 e poi riformato progressivamente in risposta alle distorsioni derivanti dai mutamenti del comportamento elettorale e alle pronunce in materia del Tribunale Costituzionale Federale. Come noto, questo sistema si fonda sull’integrazione compromissoria di circoscrizioni uninominali, finalizzate a creare una connessione diretta tra elettori e deputati, e circoscrizioni plurinominali corrispondenti agli Stati, per realizzare una rappresentanza tendenzialmente proporzionale. Per gli uninominali si seguiva la classica regola della maggioranza relativa, dopodiché si integravano i seggi assegnati ai partiti, attingendo ai listini bloccati, fino a rendere la composizione del Bundestag complessivamente proporzionale. Dal momento che in un siffatto sistema il contingente di seggi da assegnare a ogni singolo partito è esclusivamente definito dalle proporzioni dei voti ai partiti a livello federale, può capitare che il loro numero sia inferiore rispetto a quello dei mandati diretti già ottenuti, tanto più da quando, nel 1953, agli elettori sono stati attribuiti due voti, il primo voto (Erststimme) per i singoli candidati e il secondo voto (Zweitstimme) per i partiti, così consentendo lo Stimmensplitting, ossia la disgiunzione delle due preferenze. La soluzione a questa incongruenza numerica, prima dell’ultima riforma, era stata quella di mantenere i seggi guadagnati in surplus, rendendo variabile il numero di membri del Bundestag – cosa non nuova per i tedeschi, già che anche il Reichstag della Repubblica di Weimar non aveva un numero fisso di seggi.
La posizione del Bundesverfassungsgericht nei confronti dei seggi in eccedenza (Überhangmandate), a partire dalla prima decisione in merito, del 7 luglio 1957 (2 BvR 9/56), è stata, a lungo, quella di tollerare l’alterazione della proporzionalità per via della marginalità con cui si presentava il fenomeno. Tuttavia, il loro numero, negli anni, è andato aumentando in parallelo alla riduzione della polarizzazione sui due schieramenti centrali e alla diffusione del voto disgiunto. Inoltre, come verificatosi con le elezioni posposte del seggio centrale di Dresda nel 2005, il sistema di “scorporo” dei mandati dava luogo al fenomeno del cd. peso negativo del voto (negatives Stimmgewicht), il cui effetto inverso era di rendere potenzialmente vantaggiosa la separazione tra primo e secondo voto, in modo da ottenere seggi in eccedenza. La combinazione dei due fattori ha portato alle decisioni del 3 luglio 2008 e del 25 luglio 2012, con le quali il BVerfG ha rilevato la parziale illegittimità costituzionale della normativa. Nella seconda delle due decisioni, in particolare, i giudici delle leggi hanno individuato il massimo ammissibile di Überhangmandate nella percentuale del 2,5% di seggi totali, corrispondente alla metà del numero necessario per poter costituire un gruppo parlamentare ai sensi del Regolamento del Bundestag (GO-BT, art. 10 c. 1). Ne è derivata la riforma del 2013, che aveva previsto l’introduzione dei mandati di compensazione (Ausgleichmandate), attribuiti ai partiti non beneficiari di seggi in eccesso in modo da neutralizzarne qualsivoglia effetto distorsivo e ripristinare la proporzionalità dell’Assemblea nel suo complesso. Produceva, però, l’effetto collaterale di ampliare il Bundestag in maniera costante (631 membri nel 2013 e 709 nel 2017), che, nonostante una parziale riforma contenitiva, approvata nel 2020, ha portato, nel 2021, al raggiungimento record di 735 seggi totali.
La “copertura del secondo voto”, dunque, nasce per eliminare contemporaneamente i problemi rilevati dal BVerfG e l’eccessivo allargamento della camera bassa federale, prevedendo l’assegnazione ai partiti del solo numero di seggi previsto dalle proporzioni, appunto, delle Zweitstimmen, e trasformando la vittoria agli uninominali non più in un’elezione diretta ma nell’inserimento dei candidati in cima ai listini bloccati del proprio Stato, in ordine di percentuale ottenuta. Fanno eccezioni gli eventuali vincitori indipendenti, evento al momento teorico, i cui seggi verrebbero detratti dal totale da assegnare, escludendoli dal circuito della copertura. In questo modo il numero dei seggi rimane invariabile, con un numero di 630 membri, anziché i 598 di partenza, in seguito all’aumento dei seggi plurinominali teso a ridurre la probabilità di avere vincitori agli uninominali non eletti. Il sistema, passato al vaglio del Tribunale Costituzionale Federale, con decisione del 30 luglio scorso, è stato ritenuto compatibile con la Legge Fondamentale, consentendo la sua prima applicazione, con la quale si è prodotta la non assegnazione di 23 seggi uninominali virtualmente vinti: diciotto facenti parte di CDU/CSU, quattro dell’AfD e uno dell’SPD.
L’altro elemento essenziale del sistema proporzionale personalizzato è la presenza della soglia di sbarramento (Sperrklausel) del 5% per l’accesso alla distribuzione proporzionale dei seggi. In alternativa al suo superamento, era altresì prevista la clausola dei mandati base (Grundmandatsklausel), ossia la soglia di tre seggi uninominali vinti. L’eliminazione dei mandati diretti aveva indotto la maggioranza, dapprima, a mantenerla con il nome, più coerente, di clausola di circoscrizione (Wahlkreisklausel), per poi eliminarla completamente. Da ciò è derivato l’unico profilo di incostituzionalità rilevato dalla decisione del 30 luglio, cioè la violazione delle pari opportunità nell’applicare la soglia di sbarramento in maniera secca. Il Tribunale ha individuato due rimedi, ossia la reintroduzione della Wahlkreisklausel, giacché la vittoria virtuale in tre collegi può essere considerata come prova della consistenza del supporto politico (nonché rende meno probabile l’eventualità di non assegnazione degli uninominali), e la possibilità di conteggio congiunto dei voti, ai fini del superamento della soglia, per i partiti che non competono sullo stesso territorio e che formano e intendono formare un gruppo parlamentare unico, vale a dire CSU e CDU. Si nota come, nella giurisprudenza costituzionale tedesca ormai consolidata, la Sperrklausel sia considerata legittima solo in funzione di una riduzione del numero di partiti presenti nel Bundestag, che agevola la capacità di funzionamento dell’istituzione. Nella tornata elettorale in esame, la soglia di sbarramento ha rivestito il ruolo individuato dai giudici di Karlsruhe in modo determinante: il numero di voti ottenuto in congiunto dai cristiano-democratici e dai socialdemocratici è stato il più basso ad oggi registrato e le due forze hanno potuto raggiungere la maggioranza assoluta dei seggi, necessaria per l’elezione del cancelliere, solo grazie all’esclusione di FDP e BSW, quest’ultima rimasta in bilico fino alla fine degli scrutini dato il margine di poco più di una dozzina di migliaia di voti.
Dunque, se la strutturazione della soglia di sbarramento appare ormai solida, il metodo della copertura dei secondi voti sembra, invece, destinato a essere abbandonato. Merz, complice il fatto che l’Unione è la forza politica principalmente colpita, ha ribadito la contrarietà alla normativa e ha espresso la volontà di trovare un accordo con l’SPD per riformare ulteriormente la legislazione elettorale. Diverse opzioni, come il calcolo delle proporzioni dei secondi voti a livello statale anziché federale, un sistema di scorporo basato sui voti collegati ai mandati anziché al loro numero, o una sostanziosa riduzione dei collegi uninominali, potrebbero consentire la reintroduzione dell’assegnazione dei mandati diretti, conciliandola con i vincoli di derivazione giurisprudenziale e con l’esigenza di contenimento delle dimensioni Bundestag. Va osservato che l’impianto essenziale del sistema rimarrà comunque suscettibile di eventuali storture indesiderate, derivate dalle combinazioni di voto risultanti dalla libera espressione popolare; tuttavia, il ritorno a una coalizione di larghe intese potrebbe condurre a una rinnovata stabilizzazione della legislazione elettorale attraverso una sua sistemazione fondata su un consenso condiviso.