Il legislatore statale avvertì, sin dal lontano 1992, l’esigenza di definire un modello unico di bilancio delle aziende sanitarie locali e di quelle ospedaliere. Con l’art. 5, comma 5, del d.lgs. n. 502/92 veniva, infatti, delegata ai Ministeri della sanità e dell’economia l’individuazione di uno schema contabile che soddisfacesse la lettura, il monitoraggio e la verifica dei saldi in esso rappresentati e della loro formazione in progress. Veniva, insomma, manifestato un bisogno urgente e inderogabile di un sistema che introduceva a regime il maggiore elemento che lo caratterizzava: l’aziendalizzazione della Salute, riferita alle aa.ss.ll. e alle aziende ospedaliere/universitarie.
Dunque, una necessità: a) da una parte, conoscitiva, utile a favorire, attraverso l’applicazione metodologica dei principi della trasparenza e della coerenza delle suddette rappresentazioni contabili, la riconoscibilità delle incongruenze gestionali e, con questo, una programmazione sanitaria più accorta e cosciente; b) dall’altra, tecnico-contabile, garante del corretto consolidamento dei relativi conti economico-patrimoniali e, quindi, di una maggiore cura del “tesoro” delle singole aziende salutari. Il tutto destinato ad ottimizzare la gestione della spesa relativa e, con essa, la erogazione delle prestazioni assistenziali in favore dei cittadini.
Una prescrizione normativa cui è seguita l’adozione di due decreti ministeriali emessi il 20 ottobre 1994 e l’11 febbraio 2002, con i quali si è, rispettivamente, approvato e revisionato il previsto modello unico di bilancio delle aziende sanitarie locali e ospedaliere, cui le Regioni hanno avuto l’obbligo e il modo di uniformarsi con proprie leggi.
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