Il presente articolo si propone di affrontare la questione, sempre più tragicamente attuale, dei diritti individuali e della democrazia - endiadi inscindibile per chiunque abbia davvero a cuore quest'ultima - nel quadro del diritto islamico. Si cercherà di comprendere che cosa s'intenda nel pensiero islamico con "libertà" - precondizione alla democrazia, e quali spazi le due possano trovare nel quadro di un diritto teologicamente orientato e organizzato in modo più comunitario che individuale intorno alla umma dei fedeli. Per questa via, si vedrà di capire all'interno dello stesso quali punti di aggancio ai moderni concetti di "libertà individuali", "democrazia" e "stato di diritto" possano sussistere, e quali distanze siano invece ancora da colmare. Una precisazione s'impone: la semplificazione dualistica testé abbracciata tra "pensiero occidentale" e "pensiero islamico" non deve in alcun modo portare a ritenere qui sostenuta una superficiale omologazione del caleidoscopio di esperienze rinvenibili in ciascuno dei due mondi oggetto dell'analisi; le molteplici realtà statali che contraddistinguono ciascuno di essi, con le ulteriori oscillazioni legislative e giurisprudenziali domestiche, non sono in questo senso misconosciute, essendo perciò rifuggita l'immagine di una personificazione delle due macroaree quali giganti mitologici dall'organica conformazione, teleologicamente coerenti nei rispettivi sistemi. Tuttavia, resta fermo il fatto che sono senza dubbio individuabili due koiné caratterizzate da elementi distintivi proprî, frutto di esperienze tra sé molto diverse, la prima guidata da principî liberal-democratici, la seconda ancora ispirata a un diritto divino la cui genesi è in una remota zona dell'Arabia mille e quattrocento anni fa. Capire quali siano i fondamenti che sottendono al pensiero islamico è pertanto fondamentale in relazione a istanze che non sono meramente culturali-religiose, ma a pieno titolo giuridiche, posto che il diritto islamico classico, la sharia maomettana, non è un reperto occultato dalle sabbie del tempo, o al più un monumento oggetto di devozione religiosa, ma resta formalmente e sostanzialmente presente a vario titolo nelle legislazioni interne di tutti gli Stati di tradizione islamica, tranne poche eccezioni. Quello che anzi fino a non molti anni or sono poteva qualificarsi come un diritto in fase di recessione, a seguito dell'opera modernizzatrice iniziata nell'Impero Ottomano nell'Ottocento, frutto dell'incontro tormentato con l'Occidente, è oggi tornato in auge sull'onda di un risveglio islamico dai tratti più o meno radicali e dovuto a molte concause, ma comunque fiero e militante, non più asserragliato in una battaglia di retroguardia rispetto a ideologie "moderniste", siano esse il liberalismo, il socialismo o il nazionalismo. Autorevoli commentatori occidentali sono addirittura giunti a parlare di una "via islamica alla democrazia"- evidentemente conferendo al termine il senso precipuamente formalistico di "consenso", scevro della dimensione liberale -, il che ci rende testimonianza di come la "questione islamica" s'imponga necessariamente all'attenzione dello studioso, oggi vieppiù confermata dall'importante ruolo che i varî movimenti d'ispirazione religiosa hanno avuto nell'ambito della cosiddetta "Primavera araba", fino ad arrivare alle sue terribili degenerazioni culminate nella creazione dello Stato Islamico, che ha riportato alla ribalta in tutta la sua potenza la questione del "califfato"... (segue)
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