Sulla Gazzetta Ufficiale n. 12 del 16 gennaio 2018 è stata pubblicata la legge 219 del 22 dicembre 2017, che, all’esito di un percorso parlamentare non privo di difficoltà, prova a tracciare una regolamentazione in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento, ossia in un territorio nel quale la giurisprudenza ha sino ad oggi svolto un ruolo cruciale di applicazione di norme costituzionali e sovranazionali (si pensi alle questioni affrontate, all’indomani della istituzione dell’amministrazione di sostegno, prima dalla giurisprudenza di merito e, poi, dalla S.C.: Cass. 20 dicembre 2012, n. 23707, in Foro it., 2013, I, 2918; o, ancora e, in generale, alle problematiche emerse, in sede civile, come in sede penale, e sottese all’esercizio dei cd. diritti personalissimi in materia di consenso o rifiuto di trattamenti terapeutici da parte delle persone incapaci di intendere e di volere: Cass. 13 novembre 2008, n. 27145; App. Milano, decreto 9 luglio 2008, id., 2009, I, 35 e 37; Trib. Roma 23 luglio 2007, id., 2008, II, 105; Trib. Sassari-Alghero 16 luglio 2007, id., 2007, I, 3025). In definitiva, poteva (e può ormai ritenersi acquisito) che il paziente ha sempre diritto di rifiutare le cure mediche che gli vengono somministrate, anche quando tale rifiuto possa causarne la morte; tuttavia, il dissenso alle cure mediche, per essere valido ed esonerare il medico dal potere-dovere di intervenire, deve essere espresso, inequivoco ed attuale, mentre non è sufficiente, dunque, una generica manifestazione di dissenso formulata ex ante ed in un momento in cui il paziente non era in pericolo di vita, ma è necessario che il dissenso sia manifestato ex post, ovvero dopo che il paziente sia stato pienamente informato sulla gravità della propria situazione e sui rischi derivanti dal rifiuto delle cure (Cass. 27 ottobre 2016, n. 21743)... (segue)