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FOCUS - Human Rights N. 2 - 29/10/2018

 La Corte costituzionale alle prese con la durata irragionevole del processo e con il protrarsi dell'inerzia legislativa: dalla sentenza n. 30 del 2014 alla sentenza n. 88 del 2018

Con la sentenza 21 marzo 2018, n. 88, la Corte costituzionale è tornata a pronunciarsi sulla questione di legittimità dell’art. 4 della legge 24 marzo 2001, n. 89 – anche nota come “legge Pinto” – che disciplina i termini per proporre la domanda di equa riparazione in caso di durata irragionevole del processo. Si tratta di una decisione che ruota attorno agli aspetti problematici dello scorrere del tempo: sia per il ruolo generale che esso riveste in ambito processuale, quale presupposto dell’indennizzo che spetta a chi è rimasto sub iudice troppo a lungo; sia per il procrastinarsi dell’inerzia legislativa rispetto ai moniti della Corte costituzionale, a cui costantemente non viene dato il seguito opportuno da parte del legislatore. In principio, la legge Pinto venne adottata con l’intento di prevenire le numerose condanne nei confronti dell’Italia da parte della Corte di Strasburgo per l’eccessiva durata degli accertamenti giudiziari. Infatti, con l’approvazione della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (Cedu), il Consiglio d’Europa ritenne doveroso inserire anche un’apposita previsione sul diritto alla durata ragionevole del processo, stabilendo che «ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un tribunale indipendente ed imparziale» (art. 6 Cedu). Tale disposizione, per molto tempo, ha rappresentato l’unica forma di tutela per coloro che prendevano parte a un processo iniquo perché eccessivamente duraturo e che, per tale ragione, divenivano titolari del diritto di richiedere un opportuno ristoro per il danno subito. Com’è noto, infatti, l’art. 41 Cedu consente ai singoli di ricorrere alla Corte europea dei diritti dell’uomo per ottenere un’equa soddisfazione nel caso in cui uno Stato contraente vìoli le disposizioni della Convenzione, senza essere riuscito a rimuoverne le conseguenze pregiudizievoli. Non vi sono dubbi che, per mezzo della giurisprudenza della Corte di Strasburgo, l’art. 6 Cedu abbia profondamente inciso sulla diffusione dei principi sul giusto processo nei diversi ordinamenti del Continente europeo, come avvenuto in Italia con la revisione dell’art. 111 Cost. ad opera della legge cost. 23 novembre 1999, n. 2. Attualmente, quale corollario del principio del giusto processo, è previsto che la sua ragionevole durata sia regolata dalla legge. Tuttavia, tale previsione, che dà copertura costituzionale a un principio che mira a contrastare l’endemica lentezza della giustizia italiana, ha natura e finalità profondamente diverse da quanto previsto dalla disposizione convenzionale. L’art. 6 Cedu, infatti, «ha il tenore di una garanzia soggettiva, risolvendosi in un diritto soggettivo azionabile dal singolo, vittima di ciascun processo “lento”, con il ricorso individuale diretto alla Corte di Strasburgo […]. Il principio sancito dall’art. 111 Cost. dal canto suo propone una direttiva costituzionalmente vincolante per il legislatore ad informare la struttura del processo in modo tale che questo non travalichi una soglia di durata tale da comprometterne l’effettività». Eppure, sembrerebbe che il proponimento di introdurre misure normative idonee a contenere i processi entro una ragionevole lasso temporale sia rimasto soltanto sulla Carta. Difatti, come evidenziato dalla dottrina, le sorti infruttuose della riforma in esame sono state segnate dall’obiettivo ambizioso di inserire nel tessuto costituzionale valori tra loro non facilmente compatibili, se non addirittura in rapporto di inversa proporzionalità: da un lato, prevedendo numerosi oneri di stampo garantistico, che hanno arricchito di adempimenti l’accertamento giudiziario; dall’altro, consacrando comunque il fine ultimo della celerità processuale, sebbene essa risenta inevitabilmente di detta implementazione sul piano delle garanzie… (segue)



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