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FOCUS - Osservatorio di Diritto sanitario

 Corte Costituzionale, Sentenza n. 25/2025, Requisito linguistico per il riconoscimento della cittadinanza in caso di disabilità

 

Pres. G. Amoroso, Est. F. Patroni Griffi

Giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 9.1 della legge 5 febbraio 1992, n. 91 (Nuove norme sulla cittadinanza), introdotto dall’art. 14, comma 1, lettera a-bis), del decreto-legge 4 ottobre 2018, n. 113 (Disposizioni urgenti in materia di protezione internazionale e immigrazione, sicurezza pubblica, nonché misure per la funzionalità del Ministero dell’interno e l’organizzazione e il funzionamento dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata), convertito, con modificazioni, nella legge 1° dicembre 2018, n. 132.

Cittadinanza – Concessione - Persona straniera – Disabilità grave - Difetto del possesso del requisito linguistico - Inammissibilità dell’istanza di concessione della cittadinanza – Incostituzionale.

Cittadinanza - Istanza di concessione – Requisito della conoscenza linguistica – Disabilità grave della persona richiedente– Esonero test linguistico.

Il giudice a quo solleva la questione di legittimità costituzionale indicata in epigrafe nel corso di un giudizio di impugnazione di un provvedimento prefettizio che ha dichiarato inammissibile l’istanza di concessione della cittadinanza italiana, ai sensi dell’art. 9 della legge n. 91 del 1992, sul presupposto del difetto del possesso del requisito linguistico in capo al soggetto straniero, denunciando il contrasto della disposizione con gli artt. 2, 3, 10 e 38 Cost. In particolare, nel caso di specie la ricorrente si trovava nell’oggettiva incapacità di conseguire la richiesta competenza linguistica per deficit cognitivo, derivante da numerose patologie, oltre che dall’età.

La Corte sottolinea come il legislatore, nella disposizione censurata, abbia previsto solo due casi di esonero dal riscontro dell’abilità linguistica per il richiedente la cittadinanza: a) se, al primo regolare ingresso in Italia, contestualmente alla richiesta del permesso di soggiorno di durata non inferiore a un anno, lo straniero abbia sottoscritto l’accordo di integrazione di cui all’art. 4-bis del d.lgs. 286/1998; b) se sia titolare del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo ai sensi dell’art. 9 del medesimo d.lgs. 286/1998. Con riferimento a tali discipline, diversamente da quella censurata, l’imposizione del requisito di apprendimento linguistico si accompagna a norme che - con diverse, ma simili formule - dispensano, rispettivamente dalla sottoscrizione dell’accordo o dalla sottoposizione al test linguistico, lo straniero che presenti disabilità gravemente limitative della possibilità di acquisire la conoscenza dell’italiano.

Senonché, nel merito, la questione di legittimità costituzionale sollevata in riferimento agli artt. 2, 3 e 38 Cost. è fondata. Risulta invece inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 9.1 della legge n. 91 del 1992, come sopra citato, in riferimento, all’art. 10 della Costituzione, in relazione all’art. 18, comma 1, lettere a) e b), della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, approvata dall’Assemblea generale il 13 dicembre 2006, ratificata e resa esecutiva con legge 3 marzo 2009, n. 18.

L’art. 9.1 della legge n. 91 del 1992 impone infatti la verifica della padronanza linguistica non elementare per chiunque presenti l’istanza di cittadinanza, senza accompagnarsi ad un’altra norma che, restringendone la portata soggettiva, esoneri dalla prova del requisito le persone che siano oggettivamente impossibilitate ad apprendere la lingua italiana, a causa di una infermità o di una menomazione di natura fisica o psichica. Ciò, peraltro, al contrario di quanto l’ordinamento preveda per lo straniero cui sia richiesto di sottoscrivere l’accordo di integrazione o per lo straniero che faccia istanza di permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo. Così facendo, la norma censurata tratta, ingiustificatamente e irragionevolmente, in modo uguale situazioni diverse: detta, infatti, una disciplina uniforme – la prova del possesso della competenza linguistica – valida anche per persone che, in ragione della loro disabilità, versano in situazione oggettivamente diversa dalla generalità dei richiedenti la cittadinanza. In senso opposto, il principio di eguaglianza dovrebbe richiedere l’adozione di una disciplina differenziata per questi ultimi soggetti, con dispensa dalla prova del requisito linguistico. La formula di esonero adeguata al caso di specie può, peraltro, essere rinvenuta in quella già prevista dall’ordinamento in relazione al test linguistico richiesto per l’ottenimento del permesso di soggiorno UE di lungo periodo.

S.M.S.



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