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FOCUS - Osservatorio di Diritto sanitario

 Sicilia - Consiglio Giustizia Amministrativa, Sentenza n. 650/2025, Budget e clausola di salvaguardia negli accordi convenzionali tra pubblico e privato accreditato

Pres. E. de Francisco - Est. M. A. P. Francola -Società Villa Letizia S.r.l., Società J.F. Kennedy S.r.l., Società Comunità Terapeutica assistita Cappuccini S.r.l., Società Centro Residenziale di Attività Terapeutiche e Riabilitative Villa Verde S.r.l., Società Villa Chiara S.r.l., Società Major S.r.l., Oasi Regina Pacis S.r.l., Società Belvedere S.r.l., Società Villa Erminia S.r.l., Società Helios S.r.l., Società Centro La Grazia S.a.s. di Carmela Muscarà,  Società Centro San Paolo S.r.l., Società Villa S. Antonio S.r.l., Società cenacolo Cristo Re S.r.l (A. Scuderi, G. Panetta) c. Regione Siciliana Assessorato Regionale della Salute (Av. Dist. St. di Palermo) e nei confronti dell’Azienda Sanitaria Provinciale di Catania (n.c.).

 

Strutture private accreditate – Budget – Asserita inadeguatezza – Programmazione finanziaria – Legittimazione al ricorso – Clausola di salvaguardia – Nullità per indeterminatezza dell’oggetto – Nullità per contrarietà a norme imperative.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa, esaminando l’appello presentato dai titolari delle Comunità Terapeutiche Assistite riguardo al mancato adeguamento delle tariffe a fronte dell’aumento dei costi di produzione dei servizi sanitari in convenzione, chiarisce che l’Amministrazione gode di un’ampia discrezionalità nella programmazione. Le risorse individuate devono essere adeguate a garantire l’erogazione delle prestazioni sanitarie nel lungo periodo; di conseguenza, non è necessariamente dovuta una rimodulazione periodica delle tariffe. Ciò non esclude, però, che le strutture convenzionate possano legittimamente contestare le risorse economiche loro assegnate annualmente. Ai fini dell’ammissibilità di un’azione di annullamento viene precisato che, in un settore delicato come quello sanitario, è necessario dimostrare un interesse meritevole di tutela che vada oltre la semplice utilità economica e che sia invece connesso al ruolo del privato accreditato, chiamato a soddisfare gli interessi pubblici insiti nel rapporto convenzionale. La legittimità dell’azione di annullamento riguarda dunque l’an debeatur, ossia la garanzia di un utile minimo che permetta l’erogazione funzionale delle prestazioni, anche in prospettiva futura, nel rispetto del tetto di spesa vigente. Il Collegio respinge l’appello perché non risulta dimostrata la circostanza secondo cui l’attuale rapporto economico tra le strutture private e l’Amministrazione non consentirebbe l’erogazione delle prestazioni in convenzione; inoltre, non risulta quantificata la misura della pretesa né la sua compatibilità con il tetto complessivo di spesa.

Per quanto riguarda il primo motivo di appello, relativo all’art. 12 dello schema di contratto allegato al D.A. del 30 giugno 2021, il Consiglio di Giustizia Amministrativa lo accoglie, riformando la sentenza impugnata e la clausola di salvaguardia. Tale clausola impediva al soggetto convenzionato di promuovere o proseguire contenziosi, sia pendenti sia futuri. La clausola è dichiarata nulla, innanzitutto, per indeterminatezza dell’oggetto della rinuncia, soprattutto con riguardo ai contenziosi futuri. Affinché un operatore economico possa rinunciare validamente a un diritto, è necessario che il contenuto della rinuncia sia determinato, così da permettergli di individuare con precisione quale diritto verrebbe sacrificato e valutare consapevolmente la convenienza a proseguire l’attività in regime di accreditamento.

Il Collegio sottolinea inoltre che l’esercizio del potere discrezionale dell’Amministrazione nella determinazione dei tetti di spesa non può comportare la compressione di un diritto indisponibile, né può essere utilizzato per compiere una valutazione preventiva dell’interesse ad agire spettante al privato. Diversamente, si determinerebbe un eccesso di potere, con violazione dei principi di trasparenza e correttezza dell’azione amministrativa, oltre a un’indebita limitazione sia del diritto individuale sia del potere del giudice di valutare la legittimità degli atti. La clausola è in ogni caso da considerarsi nulla per contrasto con norme imperative, in particolare con gli articoli 113 e 24 della Costituzione, che garantiscono rispettivamente il diritto alla tutela giurisdizionale e il diritto alla difesa. Il Collegio ribadisce che tali diritti non possono essere derogati né elusi attraverso una clausola imposta a tutti gli operatori, formulata in un apparente schema privatistico ma sostanzialmente espressiva di potere autoritativo.



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