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FOCUS - Osservatorio di Diritto sanitario

 Corte di Cassazione, Sentenza n. 25477/2025, Pluralità di CTU nel giudizio di responsabilità sanitaria e ruolo della cartella clinica

Pres. G. Travaglino, Est. M. Gorgoni – Sa.Sa., Ve.IV., in proprio e in qualità di esercenti la responsabilità genitoriale nei confronti del minore Ve.Fl. (Avv.ti Cadia Verdecchia e Mario Consorti) c. Azienda ospedaliera universitaria (omissis) (Avv.ti Lorenzo dell’Elce e Raffaella Moroni)

Responsabilità sanitaria – Responsabilità della struttura sanitaria – Consulenza tecnica d’ufficio – Plurime risultanze di CTU – Valutazione comparativa – Cartella clinica – Onere della prova.

Due coniugi agivano in giudizio, in proprio e in qualità di esercenti la responsabilità genitoriale nei confronti del figlio minore, verso i sanitari e l’Azienda ospedaliera universitaria presso cui la moglie si era recata per partorire, domandandone la condanna al risarcimento dei danni subiti. Sostenevano, infatti, che le scelte compiute dai medici in merito alla gestione del parto avessero causato alla donna lesioni significative. La sentenza del Tribunale, che accoglieva in parte la domanda, veniva riformata dalla Corte d’appello di Bologna che invece escludeva il nesso causale tra i danni lamentati e la condotta dei sanitari, non ravvisando alcuna criticità nelle modalità con cui la paziente era stata fatta partorire, e negava il rilievo della cartella clinica incompleta.

È proposto ricorso per cassazione avverso la pronuncia della Corte territoriale.

Tutte le censure si basano sul convincimento che il giudice a quo non abbia valutato comparativamente le relazioni degli esperti o che ne abbia travisato, anche solo parzialmente, le risultanze. Tuttavia la lettura del provvedimento impugnato evidenzia invece come le varie posizioni dei consulenti tecnici, d’ufficio e di parte, siano state esaminate confrontandone le parti divergenti e quelle concordanti. Per la Cassazione se «è vero che il potere del giudice di apprezzare il fatto non equivale ad affermare che possa farlo immotivatamente e non lo esime dalla spiegazione delle ragioni per le quali sia addivenuto ad una certa conclusione diversa rispetto a quella del consulente di parte, non bastando che attribuisca maggior credito al C.T.U. in quanto proprio ausiliare, è altrettanto vero che nella vicenda per cui è causa il giudice a quo non solo non si è limitato ad aderire alle conclusioni del C.T.U., ma ha basato le sue conclusioni sul confronto critico tra le argomentazioni peritali contrastanti».

In particolare, un motivo di censura si concentra sul ruolo della cartella clinica, poiché, nel caso in esame, essa non conteneva informazioni sulla posizione del feto e ad essere contestato era l’utilizzo della ventosa ostetrica. La Corte territoriale ha ritenuto di impiegare il ragionamento deduttivo, formando il suo convincimento sul fatto che la posizione del feto permettesse l’uso della ventosa sulla base delle osservazioni contenute nella C.T.U., ampiamente riprodotte in sentenza.

La presenza di una cartella clinica che contiene omissioni, secondo la giurisprudenza di legittimità, non può ridondare negativamente a carico del paziente, pregiudicandogli la possibilità di provare l’inadempimento dei sanitari, anzi la difettosa e irregolare tenuta della cartella clinica va considerata circostanza di fatto che il giudice può utilizzare per ritenere dimostrata l’esistenza di un valido nesso eziologico tra l’operato del medico e il danno patito dal paziente, ma soltanto quando proprio tale lacunosità abbia reso impossibile l’accertamento del relativo nesso di causalità ed il professionista abbia comunque posto in essere una condotta idonea astrattamente a provocare il danno. In questo caso, per la Cassazione, tali circostanze non ricorrono. Nel caso in esame, infatti, il giudice a quo ha compiuto un accertamento in positivo circa l’insussistenza del nesso eziologico tra la condotta dei sanitari e l’evento di danno alla paziente.

Pertanto la Corte rigetta il ricorso.



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