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FOCUS - Osservatorio di Diritto sanitario

 Corte di Giustizia, Sentenza del 11/09/2025, Sulla nozione di telemedicina e sulla disciplina applicabile all’assistenza sanitaria transfrontaliera resa mediante telemedicina

UJ – c. Österreichische Zahnärztekammer

 

Assistenza sanitaria transfrontaliera resa mediante telemedicina – Dubbi interpretativi sui rapporti tra la direttiva 2011/24 sull’assistenza sanitaria transfrontaliera e le direttive 2000/31 e 2015/1535 sui servizi della società dell’informazione – Rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia.

Assistenza sanitaria transfrontaliera resa mediante telemedicina – Perimetrazione della nozione di telemedicina – Assenza di definizioni normative – Ricorso al linguaggio corrente – E’ ammesso.

Assistenza sanitaria transfrontaliera resa mediante telemedicina – Perimetrazione della nozione di telemedicina – Applicabilità a un trattamento medico complesso che includa un’assistenza sanitaria fornita in presenza nello Stato membro di affiliazione da un prestatore stabilito in tale Stato – Va esclusa.

Assistenza sanitaria transfrontaliera resa mediante telemedicina – Determinazione dello Stato membro di cura e del diritto applicabile alla prestazione resa via telemedicina – Riferimento allo Stato membro in cui è stabilito il prestatore di servizi – Carattere eccezionale e derogatorio rispetto alla regola della applicazione della legge dello Stato membro dove viene effettivamente resa l’assistenza sanitaria – Va affermato.

Servizi sanitari transfrontalieri forniti da un prestatore a un paziente, simultaneamente presenti nello stesso luogo, implicanti l’uso di tecnologie dell’informazione e della comunicazione – Applicabilità della nozione di servizi della società dell’informazione ai sensi delle dirr. 2000/31 e 2015/1535 – Va esclusa.

Servizi sanitari transfrontalieri forniti da un prestatore a un paziente, simultaneamente presenti nello stesso luogo, implicanti l’uso di tecnologie dell’informazione e della comunicazione – Applicabilità della nozione di telemedicina – Va esclusa.

La decisione origina dall’azione intentata dall’associazione dei dentisti austriaca per inibire a una collega abilitata all’esercizio della professione nel territorio austriaco di svolgere, in qualità di “dentista partner”, i colloqui, gli accertamenti e le visite di controllo prodromiche all’applicazione di allineatori dentali forniti da una società tedesca. Si trattava, in particolare, di un istituto odontoiatrico privato autorizzato in Germania, abilitato tanto a svolgere attività di telemedicina che alla ripartizione del lavoro nell’ambito del trattamento offerto, il quale, attraverso il proprio portale, consentiva di prenotare incontri prodromici all’applicazione dell’allineatore dentale anche con professionisti stabiliti nel territorio austriaco. Data l’assenza, in capo alla citata società, delle autorizzazioni previste dal diritto austriaco per l’esercizio della professione, veniva richiesto di inibire alla professionista di partecipare, in via diretta o indiretta, alla relativa attibità, sub specie rilevando impronte di scorrette posizioni dentarie, anche in modo digitale, per poi trasmetterle alla società medesima. La soluzione della controversia, che vede intrecciarsi più rapporti contrattuali (tra la società e il paziente, tra la professionista e la società nonché tra la professionista e il paziente) fa sorgere in capo al giudice austriaco una serie di dubbi interpretativi circa la complessa intersezione tra la direttiva 2011/24 sull’assistenza sanitaria transfrontaliera e le direttive 2000/31 e 2015/1535 sui servizi della società dell’informazione, da cui discendono altrettanti quesiti pregiudiziali risolti dalla sentenza in esame.

Il primo quesito attiene al perimetro della nozione di assistenza sanitaria transfrontaliera fornita tramite telemedicina. In particolare, ci si chiede se in tale definizione rientri solamente l’assistenza sanitaria prestata a un paziente a distanza (e quindi senza la presenza fisica simultanea nello stesso luogo) da un prestatore stabilito in uno Stato membro diverso dallo Stato membro di affiliazione di tale paziente, oppure se tale nozione possa comprendere un trattamento medico complesso, che, come quello in analisi, includa, oltre all’assistenza sanitaria prestata a distanza mediante tecnologie, anche un’assistenza sanitaria fornita nello Stato membro di affiliazione da un altro prestatore, stabilito in tale Stato.

Per rispondere al quesito, il Collegio precisa anzitutto che la direttiva 2011/24 non fornisce alcuna definizione di telemedicina né rinvia alla legislazione degli Stati membri a tal fine, limitandosi, all’art. 3, lett. d), a prescrivere che lo Stato membro di cura è definito come lo Stato membro nel cui territorio viene effettivamente resa al paziente l’assistenza sanitaria mentre, nel caso della telemedicina, l’assistenza sanitaria si considera prestata nello Stato membro in cui è stabilito il prestatore di assistenza sanitaria. Ricorrendo al senso della locuzione nel linguaggio corrente (ciò che la giurisprudenza della Corte consente di fare in assenza di definizioni legislative predefinite) i Giudici concludono che, affinché l’assistenza sanitaria prestata nel caso della telemedicina rientri nella nozione di assistenza sanitaria transfrontaliera, è necessario che essa sia prestata in uno Stato membro diverso dallo Stato membro di affiliazione.

La Corte desume poi dal carattere eccezionale della regola stabilita dall’art. 3, lett. d. sulla determinazione dello Stato membro di cura e del diritto applicabile alla prestazione resa via telemedicina - ossia che la prestazione si considera resa nello Stato membro in cui è stabilito il prestatore di servizi - che lo Stato membro di cura per un’assistenza sanitaria diversa da quella rientrante nella telemedicina deve essere determinato sulla base del territorio in cui tale assistenza sanitaria viene effettivamente prestata.

Chiarito che l’assistenza sanitaria prestata mediante la telemedicina può rientrare nell’assistenza sanitaria transfrontaliera, il Collegio corrobora la propria interpretazione che perimetra la nozione di telemedicina alle sole attività rese a distanza guardando alla disciplina dei servizi della società dell’informazione. In tale ambito, sono testualmente esclusi dal novero dei servizi forniti “a distanza” i «[s]ervizi forniti in presenza del prestatore e del destinatario, anche se mediante dispositivi elettronici» e, in particolare, un «esame o trattamento in un gabinetto medico mediante attrezzature elettroniche, ma con la presenza del paziente» (cfr. All. I dir. 2015/1535). Del pari, il considerando 18 della dir. 2000/31 stabilisce che «[l]e attività che, per loro stessa natura, non possono essere esercitate a distanza o con mezzi elettronici, quali (…) le consulenze mediche che necessitano di un esame fisico del paziente, non sono servizi della società dell’informazione».

La Corte ne fa discendere che i servizi sanitari transfrontalieri forniti da un prestatore a un paziente, simultaneamente presenti nello stesso luogo, quandanche implicanti l’uso di tecnologie dell’informazione e della comunicazione, non possono essere considerati come servizi della società dell’informazione e della comunicazione né possono quindi rientrare nella nozione di telemedicina ai sensi dell’art. 3, lett. d), dir. 2011/24. Per contro, i servizi sanitari che sono effettivamente forniti a distanza, vale a dire al di fuori della situazione della simultanea presenza fisica del prestatore e del paziente nello stesso luogo, mediante dette tecnologie, possono rientrare nella nozione di servizio della società dell’informazione e quindi in quella di «telemedicina», anche qualora siano prestati nell’ambito di un trattamento medico complesso che include altresì un’assistenza sanitaria fornita da un prestatore che si trova fisicamente nello stesso luogo del paziente.

Sotto un secondo profilo, muovendo dall’assunto che ogni servizio di assistenza sanitaria è autonomo – anche se, associato ad altri servizi, costituisca un trattamento medico complesso –, in quanto richiede competenze professionali specifiche e risponde a requisiti tecnici che gli sono propri, la Corte conclude che l’attività prestata dalla dentista austriaca su richiesta del paziente, che si conclude con consegna alla società stabilita in Germania di immagini e di una raccomandazione per il trattamento ortodontico, deve essere considerata autonoma dall’assistenza sanitaria di telemedicina fornita da quest’ultima società. Ragionando diversamente, aggiunge la sentenza, si tradirebbe l’obiettivo generale stabilito dai Trattati (art. 168 TFUE) di mantenere un livello elevato di protezione della salute senza scalfire le responsabilità degli Stati membri per la definizione della loro politica e organizzazione in ambito sanitario: nelle parole della Corte “applicare all’attività di un medico che esercita nello Stato membro in cui è stabilito, in relazione agli esami fisici dei suoi pazienti, le norme di sicurezza, di igiene e di responsabilità di un altro Stato membro per il solo motivo che il trattamento medico complesso, di cui tale attività fa parte, include anche assistenza sanitaria prestata, mediante la telemedicina, da altri medici stabiliti in altri Stati membri, pregiudicherebbe la competenza dello Stato membro di cura a organizzare la propria assistenza sanitaria ed esporrebbe medici e pazienti a un’incertezza giuridica”.

Quanto alla (connessa ma autonoma) attività di telemedicina prestata dalla società stabilita in Germania, la Corte conclude che il combinato disposto degli artt. 3, lettera d), dir. 2011/24 e 3, par. 1, dir. 2000/31 devono essere interpretati nel senso che le prestazioni di telemedicina devono essere fornite conformemente alla legislazione dello Stato membro in cui il prestatore è stabilito e, dunque, alla legislazione tedesca.



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