Elemento qualificante del catalogo dei diritti costituzionali e del modello di Stato sociale (la Costituzione italiana prevede all’art. 32 che “la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”, qualificando esplicitamente come “fondamentale” solo tale diritto) e oggetto di specifico riconoscimento anche in ambito europeo (cfr. art. 168 TFUE, ex art. 152 TCE, secondo cui “Nella definizione e nell'attuazione di tutte le politiche ed attività dell'Unione è garantito un livello elevato di protezione della salute umana”) e internazionale (cfr. art. 2 del Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali, firmato a New York il 6 dicembre 1966, ratificato in forza della l. 25 ottobre 1977, n. 88), la “tutela della salute” rappresenta un settore di attività dello Stato particolarmente complesso, che vede il potere pubblico agire quale autorità di regolamentazione, di amministrazione attiva e di prestatore in via diretta di servizi pubblici.
Tale complessità si fa ancor più marcata negli ordinamenti federali/regionali, in cui molteplici e ampie attribuzioni sono confidate agli enti territoriali minori (nel caso italiano, ovviamente, le Regioni).
Ne è testimonianza diretta il testo costituzionale, che, nel Titolo V della Parte seconda, reca distinte disposizioni concernenti la sanità pubblica:
- l’art. 117, co. 2, lett. m), riserva allo Stato la competenza legislativa in materia di “determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale”;
- l’art. 117, comma 3, invece, attribuisce alla competenza concorrente la materia “tutela della salute” (si ricorda che già nella precedente formulazione la materia “assistenza sanitaria ed ospedaliera” era di competenza legislativa concorrente) e “ricerca scientifica” (quest’ultima naturalmente collegata alle finalità di tutela della salute: cfr. Corte cost., 20 marzo 1978, n. 20).
Il quadro del riparto di competenze deve essere completato con le disposizioni (che per brevità ci si limita a richiamare) relative al riparto delle competenze regolamentari (art. 117, co. 6) e delle funzioni di amministrazione attiva (art. 118), alla regolamentazione della finanza pubblica (art. 117, co. 2 e 3, art. 119), alla previsione dell’intervento sostitutivo dello Stato quando lo richieda “la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali” (art. 120, co. 2).
Alla complessità delle previsioni costituzionali fa naturale eco la disciplina di rango primario, la quale vede i testi normativi recanti le grandi riforme della sanità pubblica (dalla l. 23 dicembre 1978, n. 833, di istituzione del SSN, al d. lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, che ha ridefinito il sistema di programmazione e gestione dell’amministrazione sanitaria; dal d. lgs. 16 ottobre 2003, n. 288, di riforma degli IRCCS, al d. l. 13 settembre 2012, n. 158, recante disposizioni urgenti di razionalizzazione dell’assistenza sanitaria) essere intersecati dalla galassia di interventi di natura economica e finanziaria, preordinati al governo e al contenimento della spesa sanitaria (dalla disciplina dei c.d. “piani di rientro” di cui all’art. 2, co. 77 sgg., della l. 23 dicembre 2009, n 191, alle previsioni taglia-spese di cui – tra i tanti provvedimenti – all’art. 15 del d. l. 6 luglio 2012, n. 95).
Proprio la sovrapposizione dei due piani di riparto delle competenze – funzionamento e finanziamento dell’assistenza sanitaria – offre un’utile prospettiva per esaminare la giurisprudenza costituzionale. In entrambi i casi, peraltro, si può notare come la Corte costituzionale abbia inteso salvaguardare la centralità dell’intervento programmatorio statale (anche quando non era limitato a dettare i princìpi fondamentali della materia), muovendo dalla massima che la tutela della salute “non può non darsi in condizioni di fondamentale uguaglianza su tutto il territorio” (così Corte cost., 26 giugno 2002, n. 282). Alle Regioni, invece, residua la sola possibilità di integrazione delle disposizioni statali, specie in tema di organizzazione degli organi e degli enti dell’amministrazione sanitaria.
Quanto al profilo del funzionamento dell’amministrazione sanitaria, tra le pronunce più recenti possono essere segnalate le seguenti.
- Corte cost., sent. n. 8 del 2011: è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 35 della l. r. Emilia Romagna 22 dicembre 2009, n. 24, che prevedeva che la Regione potesse consentire l’uso di farmaci off label, “quando tale estensione consenta, a parità di efficacia e di sicurezza rispetto a farmaci già autorizzati, una significativa riduzione della spesa farmaceutica a carico del Servizio sanitario nazionale e tuteli la libertà di scelta terapeutica da parte dei professionisti del SSN”. Ad avviso della Consulta, infatti, la legge regionale individuava illegittimamente “condizioni diverse rispetto a quelle stabilite dal legislatore per l’uso dei farmaci al di fuori delle indicazioni registrate nell’AIC”, in violazione delle “disposizioni statali circoscrivono il ricorso ai farmaci cd. off label a condizioni eccezionali e ad ipotesi specificamente individuate”.
- Corte cost., sent. n. 292 del 2012: è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale commi 237-undecies e 237-duodecies dell’art. 1 della l. r. Campania n. 4 del 2011, che prevedevano un’articolazione della procedura di accreditamento delle strutture sanitarie private differente da quella disciplinata dalla legge statale;
- Corte cost., sent. n. 255 del 2013: è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 3, comma 1, lett. b), della l. p. Trento 4 ottobre 2012, n. 21, che aveva attribuito alla Provincia e non ai Comuni – come previsto dalla legge statale – la competenza nella determinazione del numero delle farmacie ubicate nei singoli comuni, nonché l’identificazione delle zone in cui collocare le nuove farmacie, perché “i criteri stabiliti dalla normativa statale relativi all’organizzazione dei servizi farmaceutici e agli illeciti e alle sanzioni amministrative nella vendita dei farmaci sono, secondo quanto indicato da questa Corte, «principi fondamentali» in materia di tutela della salute»”.
Quanto al profilo del finanziamento della spesa sanitaria, debbono essere segnalate le seguenti pronunce:
- Corte cost., sent. n. 104 del 2013: la Corte, dopo aver ricordato che “l’autonomia legislativa concorrente delle Regioni nel settore della tutela della salute ed in particolare nell’ambito della gestione del servizio sanitario può incontrare limiti alla luce degli obiettivi della finanza pubblica e del contenimento della spesa”, specie “in un «quadro di esplicita condivisione da parte delle Regioni della assoluta necessità di contenere i disavanzi del settore sanitario»”, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 3, della l. r. Abruzzo 17 luglio 2012, n. 33, in quanto, “disponendo l’assunzione a carico del bilancio regionale di oneri aggiuntivi per garantire un livello di assistenza supplementare” ai cittadini, risultava violativa del “principio di contenimento della spesa pubblica sanitaria, quale principio di coordinamento della finanza pubblica e, in definitiva, l’art. 117, terzo comma, Cost.”.
- Corte cost., sent. n. 219 del 2013: la Corte ha affermato che l’attività del commissario ad acta per il rientro dal deficit sanitario, “inserendosi nell’ambito del potere sostitutivo esercitabile dallo Stato nei confronti della Regione”, è “direttamente imputabile” allo Stato, e non alla Regione, nonostante che l’art. 2, co. 77 sgg. della l. n. 191 del 2009 preveda che il Consiglio dei Ministri nomini Commissario ad acta lo stesso Presidente della Giunta regionale.
- Corte cost. n. 260 2012: la Corte ha statuito che la Regione sottoposta al piano di rientro del deficit sanitario e al commissariamento dell’amministrazione sanitaria non può adottare norme che siano di “interferenza” col mandato del Commissario ad acta (orientamento ormai consolidato: cfr. sentt. nn. 193 del 2007, 2 e 361 del 2010, 78 del 2011 e 91 del 2012; cfr. anche TAR Molise, Sez. I, 27 giugno 2013, n. 435).
Tra le pronunce che, invece, hanno riconosciuto e tutelato la competenza regionale in materia di tutela della salute, possono ricordarsi le seguenti:
- quanto al funzionamento dell’Amministrazione sanitaria, Corte cost., sent. n. 270 del 2005: la Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, co. 2, del d. lgs. n. 288 del 2003, nella parte in cui attribuiva all’Amministrazione statale “funzioni di controllo” sugli IRCCS, in quanto “il riconoscimento degli IRCCS come enti autonomi, dotati di propri statuti ed organi di controllo interni, ed operanti nell'ambito della legislazione regionale di tipo concorrente, rende manifesto come non sia conforme a Costituzione attribuire al Ministro della salute veri e propri poteri di controllo amministrativo su di essi”.
- quanto al finanziamento del SSN, Corte cost., sent. n. 133 del 2010: la Consulta (consolidando il precedente della sent. n. 341 del 2009) ha affermato che lo Stato non ha titolo per imporre limiti alla finanza pubblica regionale preordinata a sovvenzionare alcuni ambiti della spesa sanitaria, se non concorre al finanziamento di quella parte della spesa sanitaria (“lo Stato, quando non concorre al finanziamento della spesa sanitaria, «neppure ha titolo per dettare norme di coordinamento finanziario»”).
(aggiornata al 2014)
Patrizio Ivo D'Andrea - Piermassimo Chirulli