
La pronuncia in commento si riferisce alla richiesta, da parte di una società di telecomunicazioni, di concessione di diritti d’uso di frequenze, pari a 30 MHz, nella banda 3600-4200 MHz, per l’esercizio di collegamenti fissi punto-multipunto per i servizi di comunicazione elettronica. A fronte del provvedimento di diniego adottato dal MISE, la società ha proposto ricorso sostenendo che la fornitura di servizi di tlc è libera e soggetta solo ad autorizzazione generale, dando preminenza all’art. 25 rispetto all’art. 27 del d.lgs. n. 259/2003.
Sul punto, merita la ricostruzione che il TAR del Lazio ha elaborato in tema di rapporti tra l’art. 25 (che disciplina l’autorizzazione generale) e l’art. 27 (che, invece, disciplina i diritti individuali d’uso) del d.lgs. n. 259/2003: secondo il giudice amministrativo, infatti, la seconda disposizione rappresenta il principio generale, mentre la prima, un’eccezione. In altri termini, il rilascio i diritti individuali d’uso è necessario, da un lato, per evitare interferenze dannose, dall’altro, per assicurare la qualità tecnica del servizio e, contestualmente, l’uso efficiente dello spettro, oltre a conseguire obiettivi di interesse generale: al verificarsi di tali situazioni, quindi, non è sufficiente l’essere in possesso dell’ autorizzazione generale. Ebbene, nel caso di specie, ad avviso del TAR, non sussistevano i presupposti per esercitare le frequenze sulla base della sola autorizzazione generale, in considerazione che la banda per la quale era stata richiesta la concessione non era libera, ma utilizzata da operatori per il c.d. servizio fisso e servizio fisso via satellite.
Con nota di C.G.
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