Il caso di specie concerne una normativa nazionale che non prevede mezzi che consentano al giudice di far rispettare le sue decisioni dagli organi amministrativi potendo egli solo annullare l’atto amministrativo non conforme a dette decisioni. Ciò, tuttavia, può portare a una successione di annullamenti di atti amministrativi creando una situazione di incertezza giuridica per l’individuo e privandolo del diritto ad un ricorso effettivo. Nell’opinione della Corte, quindi, l’articolo 46, paragrafo 3, della direttiva 2013/32/UE del 26 giugno 2013 (procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale), letto alla luce dell’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, deve essere interpretato nel senso che, in circostanze come quelle del caso di specie, in cui un giudice di primo grado ha constatato ‑ dopo aver effettuato un esame completo ed ex nunc di tutti gli elementi di fatto e di diritto pertinenti ‑ che al richiedente deve essere riconosciuta la protezione internazionale, ma un organo amministrativo o quasi giurisdizionale adotta in seguito una decisione in senso contrario, senza dimostrare la sopravvenienza di nuovi elementi che giustifichino ciò, il suddetto giudice deve riformare tale decisione degli organi amministrativi e sostituirla con la propria, disapplicando, se necessario, la normativa nazionale che gli vieti di procedere in tal senso.
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