
La Corte si pronuncia, su rinvio pregiudiziale dell’Investigatory Powers Tribunal britannico, sul tema della data retention nell’ambito delle comunicazioni elettroniche per finalità di tutela della sicurezza nazionale. Al riguardo la Corte stabilisce che la direttiva 2002/58/CE (relativa alla vita privata e alle comunicazioni elettroniche, artt. 1.3 e 15.1, come modificata dalla direttiva 2009/136/CE), in armonia con l’art. 4.2 TUE, deve essere interpretata nel senso che rientra nel campo applicativo di tale direttiva una normativa nazionale che consenta a un’autorità statale di imporre ai fornitori di servizi di comunicazione elettronica di trasmettere ai servizi di sicurezza e di intelligence dati relativi al traffico e dati relativi all’ubicazione ai fini della salvaguardia della sicurezza nazionale. Ne consegue che l’art. 15.1 della suddetta direttiva 2002/58, letto alla luce dell’art. 4.2 TUE nonché degli artt. 7, 8 e 11 e dell’art. 52.1 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, deve intendersi come preclusivo di una normativa nazionale che abiliti un’autorità statale ad imporre ai fornitori di servizi di comunicazione elettronica, per le richiamate finalità, l’obbligo di trasmettere tali dati.
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