
Ordinanza del 3 marzo 2025 della Corte dei conti - Sezione regionale di controllo per la Regione Campania nel giudizio di parificazione del rendiconto generale della Regione Campania per l’esercizio finanziario 2023 (Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, 1ª serie speciale, 2 aprile 2025).
Con l’ordinanza in titolo, la Sezione regionale di controllo per la Regione Campania della Corte dei conti, nel corso del giudizio di parificazione del rendiconto generale di tale Regione per l’esercizio finanziario 2023, ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento alla previsione, nella normativa regionale, secondo cui il distacco o il comando in forza delle disposizioni di cui all’art. 19, comma 9 -bis, del d.lgs. n. 175 del 2016 (Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica) può essere, altresì, richiesto nei confronti di personale dipendente a tempo indeterminato di società e consorzi in cui la partecipazione pubblica non sia inferiore al 49 per cento. È altresì impugnata la previsione, sempre in occasione del predetto giudizio di parificazione, secondo cui, con la normativa regionale de qua, viene abolita, ad ogni effetto, nell’assegnazione del personale proveniente dagli enti esterni al Consiglio regionale, la distinzione tra distacco e comando.
Come riportato nel punto 1 del Considerato in diritto di cui all’ordinanza, sono oggetto di impugnazione “specificatamente, l’art. 46, comma 2 della legge regionale 26 luglio 2002, n. 15, aggiunto dall’art. 44, comma 6, della legge regionale 30 gennaio 2008, n. 1, poi modificato dall’art. 1, comma 77, della legge regionale 21 gennaio 2010, n. 1, secondo cui «[i]l distacco può essere altresì richiesto nei confronti di personale dipendente a tempo indeterminato di società e consorzi in cui la partecipazione pubblica non sia inferiore al 49 per cento.». Il successivo comma 4 -bis dell’art. 46 (comma aggiunto dall’art. 1, comma 2, della legge regionale 19 febbraio 2004, n. 3) prevede che «[è] abolita, ad ogni effetto, nell’assegnazione del personale proveniente dagli enti esterni al Consiglio regionale, la distinzione tra distacco e comando di cui alla legge regionale 25 agosto 1989, n. 15, art. 9 -ultimo comma- e art. 14 - ultimi due commi”.
La Sezione della Corte dei conti ha ritenuto che le suddette norme sarebbero illegittime in quanto esse violano la riserva di competenza esclusiva assegnata al legislatore statale dall’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost. in materia di ordinamento civile. In base alle richiamate sentenze della Corte costituzionale n. 251 del 2016 e n. 326 del 2008, essa ha ritenuto, inoltre, che “la violazione della competenza legislativa esclusiva statale in tema di disciplina dell’anzidetto comando regionale ridonda sulla lesione dell’equilibrio di bilancio e sulla sana gestione finanziaria, ai sensi degli articoli 97, primo comma, 81 e 119, primo comma Cost., per l’autorizzazione di una spesa non sostenibile in considerazione dell’impiego di personale comandato da società pubbliche non ammissibile in quanto materia riservata alla competenza esclusiva del legislatore statale”, con conseguente sospensione del giudizio di parificazione con riferimento ai capitoli di spesa interessati, limitatamente alle spese destinate al finanziamento dei comandi in ingresso provenienti da società partecipate.
Riassumendo, l’iter logico dell’ordinanza, per i profili di stretta costituzionalità, parte dal fatto che la materia dei distacchi e dei comandi è di competenza esclusiva dello Stato, dal che si desumerebbe, in base al cd. principio della “ridondanza”, che rimarrebbero violati i princìpi dell’equilibrio di bilancio e sulla sana gestione finanziaria, ai sensi degli articoli 97, primo comma, 81 e 119, primo comma, Cost.
Orbene, a prima lettura, va osservato che si tratta di una conseguenzialità argomentativa non compiutamente esplicitata, ma che, anzi, dà l’impressione di inanellare passaggi tra aree tematiche diverse il cui collegamento avrebbe meritato maggiori chiarimenti. Il primo passaggio è quello tra violazione della competenza statale in materia di pubblico impiego ed equilibrio di bilancio (con il presunto vulnus degli artt. 81 e 97, primo comma, Cost.), un passaggio non certo di natura automatica, così come anche l’altro, relativo alla ritenuta violazione della sana gestione finanziaria (che tra l’altro non riguarda l’evocato art. 97, primo comma, Cost., bensì il secondo comma dello stesso). Medesime incertezze argomentative riguardano il richiamo – nell’ordinanza – della ritenuta lesione dell’autonomia finanziaria degli enti territoriali di cui all’art. 119, primo comma. Né risulta, infine, chiaro il motivo della sospensione del giudizio di parifica in relazione all’intero rendiconto regionale, giudizio che, piuttosto, si sarebbe potuto risolvere in una pronuncia di parificazione parziale, con eccezione dei due capitoli menzionati, ovviamente essendovene tutte le altre condizioni (essenziale passaggio motivazionale non esplicitato).
Punto d’appoggio dell’intera ordinanza sembra consistere nella sentenza n. 196 del 2018 della Corte costituzionale, anche se ciò non risulta in forme espresse. In essa si statuiva, infatti, che “la legittimazione della Corte dei Conti in sede di giudizio di parificazione [...] è stata riconosciuta, con riferimento ai parametri costituzionali posti a tutela degli equilibri economico-finanziari. A essi vanno ora accostati, ai limitati fini del presente giudizio e alla luce delle peculiarità di esso, i parametri attributivi di competenza legislativa esclusiva allo Stato, poiché in tali casi la Regione - secondo la oramai consolidata giurisprudenza della Corte costituzionale - manca per definizione della prerogativa di allocare risorse. Pertanto, entro tali materie, non vi è intervento regionale produttivo di spesa che non si traduca immediatamente nell’alterazione dei criteri dettati dall’ordinamento ai fini della sana gestione della finanza pubblica allargata”: ciò in quanto “compito della Corte dei conti, in sede di parifica del rendiconto generale della Regione, è accertare eventuali «irregolarità suscettibili di pregiudicare, anche in prospettiva, gli equilibri economico-finanziari degli enti» (art. 1, comma 3, del d.l. n. 174 del 2012)” (citata, sent. Corte cost., n. 196 del 2018, punto 2.1.2 del Considerato in diritto). In sostanza, la mancata copertura normativa di una norma (per violazione dell’art. 117, secondo comma, Cost.) comporterebbe, secondo la richiamata sentenza n. 196 del 2018, l’assenza di copertura finanziaria. Una tesi discutibile, come a suo tempo esplicitato in dottrina[1].
Ma non è questo il punto da affrontare qui, che consiste invece nel fatto che, se questa è la ricostruzione dell’ordinanza, quest’ultima avrebbe dovuto anzitutto esplicitare il descritto iter logico, il che, al di là della sua coerenza o meno, avrebbe avuto almeno il pregio di ripercorrere in modo più persuasivo quello seguito dalla ricordata giurisprudenza costituzionale, al di là della mera riproduzione del brano estratto dalla richiamata sentenza. Si prescinde qui peraltro dalla irrisolta questione circa gli effetti della sospensione “per un tempo indeterminato” (e cioè in attesa della decisione della Corte costituzionale) del giudizio di parificazione di un rendiconto regionale,che di per sé determina una non irrilevante soluzione di continuità dei e tra i cicli di bilancio: alla vigilia della parificazione dell’esercizio 2024 e in attesa del pronunciamento della Corte costituzionale - che realisticamente non potrà che intervenire non in tempi brevi, con riflessi sulla non parificabilità “a cascata” anche dello stesso rendiconto 2024 - risulta infatti ancora indefinita la sorte non solo del rendiconto generale della Regione Campania 2023, ma anche quella delle leggi di bilancio regionale 2024 e 2025.
Valga infine osservare – questione qui centrale - che un modo conferente di prospettare l’intera questione forse sarebbe consistito nel capovolgere l’iter logico, nel senso di porre in primo piano la potenzialità onerosità delle norme evocate (profilo, questo, evidentemente di contabilità pubblica). Troppo succinto e quasi incidentale è il riferimento al riguardo all’“autorizzazione di una spesa non sostenibile in considerazione dell’impiego di personale comandato da società pubbliche non ammissibile in quanto materia riservata alla competenza esclusiva del legislatore statale” (punto 4 del diritto), che comunque fa rifluire la questione della copertura in quella della competenza.
Benché le norme risultino viziate anche dal punto di vista della competenza, non necessariamente sussiste però un nesso tra i due aspetti, congiunti invece nella citata sentenza n. 196 e acriticamente ed unitariamente (e cioè con riferimento indifferenziato ai tre parametri costituzionali evocati) sussunti dall’ordinanza in titolo.
[1] Cfr. ad es. Prime osservazioni relative alla sentenza n. 196 del 2018 della Corte costituzionale, a cura di C. Forte e M. Pieroni, in Federalismi, n. 12 del 19 giugno 2019.
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