Abstract [It] L’articolo, analizzando la struttura giuridico-politica del sistema sudafricano di segregazione razziale istituzionalizzata, avanza l’ipotesi di considerare l’apartheid come modello distopico di pluralismo giuridico. In questo quadro, l’ideologia del Separate Development, basato sulla costruzione di ordinamenti giuridici differenziali e sulla frammentazione del diritto dello Stato in circuiti tra loro impermeabili a cui corrispondeva la segmentazione del corpo sociale in rigide unità in cui gli individui venivano ascritti in base alla “razza”, sembra così costituire il punto di rottura in cui il giusto riconoscimento delle differenze sociali e culturali diventa l’ideologia attraverso cui creare livelli asimmetrici di godimento dei diritti di cittadinanza. L’esito, attraverso una visione malata della diversità, è stata l’irrimediabile frammentazione dell’unità di un corpo politico. In questa prospettiva, il passato sudafricano costituisce quindi un monito per tutte quelle riflessioni politico-giuridiche che, giustamente, ricercano modelli di equilibrio tra due opposte esigenze: riconoscimento della diversità (individuale e collettiva) a cui conferire libertà di azione ed autonomia, e ricerca dell’integrazione tra le diversità.
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