
La questione relativa alla delimitazione dei confini della “materia penale” presenta notevoli implicazioni in ordine ai rapporti tra diritto convenzionale e diritto interno e alle relazioni tra i rispettivi giudici. Al riguardo occorre anzitutto segnalare che la qualificazione in senso penalistico di una fattispecie e/o di una misura lato sensu “afflittiva” costituisce il presupposto indefettibile di applicazione degli artt. 6 (almeno in parte) e 7 della Convenzione nonché, sul piano interno, dell'art. 25, comma 2, Cost. e dei rispettivi, sottesi statuti garantistici che ne fungono da corollari. Sotto questo profilo si registrano già in via di prima approssimazione significative divergenze, in ordine all'attribuzione della natura penale ad un illecito e alla conseguente sanzione, tra la Corte EDU, che segue un approccio di tipo “sostanzialistico”, e il diritto interno, maggiormente ancorato ad un approccio di tipo “formalistico”. In particolare la Corte EDU, attraverso la stratificazione graduale e progressiva delle sue decisioni, è pervenuta a coniare una nozione autonoma di “materia penale”, spesso radicalmente in contrasto con quella sviluppatasi negli ordinamenti degli Stati contraenti. Il tema in questione assume particolare e specifico rilievo in riferimento alle qualificazione delle misure limitative dell'elettorato passivo. Come noto, infatti, la Corte costituzionale, in una recente pronuncia, ha risolutamente escluso la natura penale delle misure prescritte al riguardo dal d. lgs. 31 dicembre 2012, n. 235, ponendo a fondamento della propria decisione proprio i criteri coniati dalla Corte EDU per la qualificazione in senso convenzionale della “materia penale” e ritenuti non applicabili dai giudici di Strasburgo alle misure de quibus almeno in un caso ritenuto idoneo a fungere da precedente. La pronuncia in parola offre pertanto l'occasione per operare un confronto tra i rispettivi orientamenti della Corte EDU e della Corte costituzionale in ordine alla perimetrazione dei confini della “materia penale”. Confronto che, almeno in riferimento alle misure incisive sull'elettorato passivo, può dirsi peraltro ancora sostanzialmente aperto, in virtù della pendenza avanti alla Grande Chambre di un caso ben noto destinato alla prossima decisione, il cui esito potrebbe esprimere una concordia di vedute tra le Corti e rappresentare così un ulteriore capitolo del proficuo dialogo avviato tra le stesse; oppure, al contrario, una divergenza di vedute dalle conseguenze imprevedibili… (segue)
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