
Il sistema odierno di tutela giurisdizionale dell’Unione europea poco corrisponde, quanto alla sua architettura, al disegno delineato dal “costituente” con il trattato di Nizza e solo “ritoccato” dal punto di vista lessicale a Lisbona. A fronte della progressiva espansione di competenze dell’Unione e della sua imminente estensione territoriale, con Nizza si mutò radicalmente la menzionata architettura, attribuendo al Tribunale (allora ancora) di primo grado il ruolo di giudice “generale” del sistema, che non conosce più solo dei ricorsi diretti (ex – oggi – artt. 263, 265, 268 e 272 TFUE) promossi dalle persone fisiche e giuridiche, ma anche di quelli promossi dagli Stati membri, fatta eccezione dei ricorsi per annullamento e in carenza che – data la loro natura “costituzionale” – restano nella competenza della Corte di giustizia, in virtù del combinato disposto di cui agli artt. 256 TFUE (allora art. 225 CE) e 51 Statuto (come modificato dalla decisione n. 2004/407/CE, Euratom). Restano, così, nella competenza dell’istanza di vertice del sistema giudiziario (anche) i ricorsi ex artt. 263 e 265 TFUE promossi dalle istituzioni e altresì, in quanto non espressamente contemplati dall’art. (oggi) 256 TFUE (né dall’art. 51 Statuto), i procedimenti per inadempimento ex artt. 258-260 TFUE. Ancora, sempre l’art. (oggi) 256 TFUE prevede che la competenza generale del Tribunale sia delimitata rispetto alle controversie devolute ai tribunali specializzati istituiti ex art. 257 TFUE (allora art. 225A CE): il solo tribunale specializzato creato con decisione del Consiglio del 2 novembre 2004, è stato il Tribunale per la funzione pubblica (TFP), cui si conferì la competenza a conoscere in primo grado delle controversie tra l’Unione e i suoi agenti, ai sensi dell’art. (oggi) 270 TFUE (allora art. 236 CE). Le decisioni di tale giudice sono (rectius, erano) impugnabili (soltanto per motivi di diritto) dinanzi al Tribunale, le cui pronunce – a loro volta – possono (rectius, potevano) essere sottoposte a riesame nei casi (eccezionali) in cui – sulla base di quanto previsto dall’art. 256, par. 2, TFUE – rischiassero di pregiudicare gravemente l’unità o la coerenza del diritto dell’Unione (secondo una valutazione effettuata dal primo avvocato generale e la cui richiesta fosse “accolta” dalla Corte di giustizia). Infine, il par. 3 dell’art. (oggi) 256 TFUE ha previsto il possibile trasferimento della competenza pregiudiziale al Tribunale, «in materie specifiche determinate dallo statuto»: laddove si avesse siffatto trasferimento, (anche) rispetto alle decisioni del Tribunale opererebbe il menzionato istituto del riesame e lo stesso Tribunale potrebbe decidere di rinviare la causa alla Corte di giustizia qualora ritenesse che essa «richieda una decisione di principio che potrebbe compromettere l’unità o la coerenza del diritto dell’Unione». Dopo l’istituzione del TFP, il legislatore dell’Unione non ha ulteriormente “sfruttato” le disposizioni pattizie testé richiamate e sinteticamente descritte (ovvero gli artt. 257 e 256, par. 3, TFUE). Anziché procedere alla creazione di nuovi tribunali specializzati e/o al trasferimento di competenza pregiudiziale in determinate materie al Tribunale, esso ha infatti optato – come subito si vedrà – per procedere nella direzione tracciata da un’altra disposizione pattizia, che consente di aumentare il numero dei giudici del Tribunale: si tratta dell’art. 19, par. 2, cpv. TUE, secondo cui «il Tribunale è composto da almeno un giudice per Stato membro» (corsivo aggiunto); numero che – lo si ricordi – sulla base di quanto previsto dall’art. 254 TFUE, è stabilito dallo Statuto della Corte di giustizia dell’Unione… (segue)
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