
La normativa applicabile alle società a partecipazione pubblica deriva almeno in parte dalla consistenza della partecipazione, sia solo sotto un profilo quantitativo, dovendosi differenziare l’ipotesi in cui essa sia di maggioranza e/o di controllo da quella in cui sia di minoranza o comunque insufficiente a incidere sulle scelte aziendali, sia sotto un profilo causale-finalistico, diverse essendo – volta a volta – le ragioni sottese alla partecipazione al capitale di una determinata impresa in una determinata misura, e quindi le conseguenze che da ciò si fanno derivare in ordine alla governance della stessa. Con il decreto legislativo 175/2016 sono stati sanciti due principi: la generale applicazione del diritto comune e l’applicazione del diritto pubblico solo se espressamente previsto (quindi in espressa deroga a quello privato). L’intervento del legislatore, se da un lato ha eliminato talune incertezze, dall’altro ha consacrato la doppia natura (privata e pubblica) delle società medesime, in tal modo riproponendo la questione dell’applicabilità delle disposizioni non esplicitamente contemplate nel testo unico, e in particolare di quelle di diritto privato di natura speciale, e di quelle rientranti nel corpus normativo pubblico ma non da esso espressamente recepite.
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